- Piazza Aldo Moro: (Maglie, Lecce, 23/09/1916 – Roma, 09/05/1978)
Politico. Deputato democristiano dal 1948, più volte ministro, segretario della DC (1959/65), presidente del Consiglio (1963/68), formò un governo di centro-sinistra con la partecipazione del PSI. Ministro degli Esteri (1969/74) e di nuovo presidente del Consiglio (1974/76). Dal 1976 presidente della Democrazia cristiana, venne rapito dalle Brigate Rosse il16/03/1979, mentre preparava l’allargamento della maggioranza al PCI. Dopo 55 giorni di sequestro, fu ritrovato ucciso in una vettura parcheggiata nel centro di Roma.
- Via Volpi di Misurata: (Venezia, 19/11/1877 – Roma, 16/11/1947)
Volpi Giuseppe. Imprenditore e politico. Fondatore della S.A.D.E. (Società Adriatica Di Elettricità, 1905), tristemente famosa per aver costruito la diga del VAJONT. A lui si deve anche la C.I.G.A. (Compagnia Italiana Grandi Alberghi).
Nel 1919 ideò e avviò la costruzione del complesso industriale e portuale di Marghera stabilendo una proficua collaborazione con le strutture del regime fascista. Governatore della Tripolitania, regione della Libia, nel 1921/25, fu in seguito ministro delle Finanze (1925/28). Durante il ventennio fu insignito del titolo nobiliare di Conte della Misurata Abbandonati gli incarichi di governo, estese le sue attività imprenditoriali a diversi settori: fu inoltre presidente della Biennale di Venezia e tra i promotori del festival cinematografico. Dal 1934 presiedette la Confederazione fascista degli industriali. Arrestato dai Tedeschi dopo la caduta del regime fascista (1943), venne rilasciato dopo alcuni mesi di detenzione e si rifugiò in Svizzera dove svolse una certa attività antifascista che gli valse la simpatia degli U.S.A. e la conseguente riabilitazione politica. Il nome dell’industriale veneziano entrò a far parte dell’onomastica stradale del comune quando questa fu rinnovata nell’agosto del 1968 (Delibera del 28 agosto 1968), portando la motivazione di rendere la numerazione civica “più rispondente alle esigenze di oggigiorno”!
- Via Vincenzo Monti: (Alfonsine, Ravenna 1754 – Milano 1828)
Poeta e letterato. Frequentò l’università di Ferrara, ma fu a Roma, dove era segretario di Luigi Braschi, che la sua cultura assimilò le varie tendenze letterarie dell’epoca. Le capacità di verseggiatore appaiono già in luce nel poemetto “La bellezza dell’universo” nelle odi “La prosopopea di Pericle” e “Al signor di Mongolfier”.
Alla discesa di Napoleone si trasferì a Bologna e poi a Milano, capitale della Repubblica Cisalpina. Fuggito a Parigi, divenne aperto sostenitore di Napoleone per cui scrisse numerose opere cortigiane: “Il bardo della Selva Nera”, “La Mascheroniana”, “Il Prometeo”.
Caduto in disgrazia al ritorno degli Austriaci, nonostante alcune opere di carattere encomiastico, come “Mistico omaggio”, vide ridimensionata la sua fama. La facilità con cui Monti passò da uno all’altro genere da un tema all’altro e la superficialità con cui si offrì alle forze, di volta in volta dominanti in Italia, caratterizzano la sua fisionomia umana e letteraria. Poeta di ispirazione neoclassica, compose versi di armoniosa musicalità e limpidezza cristallina, ma raggiunse i suoi esiti migliori come traduttore dell’Iliade.
- Via Ugo Foscolo: (Zante, isola greca, 1778 – Turnham Green, Londra, 1827)
Poeta. Compiuti i primi studi a Spalato, dopo la morte del padre medico, si trasferì a Venezia (1792). Entrato in contatto con la parte culturalmente più progressista della società veneziana, maturò ideali libertari e giacobini; per la sua opposizione al governo cittadino dovette fuggire a Bologna dove pubblicò l’ode “A Bonaparte liberatore”. Tornato a Venezia alla caduta della Serenissima, con l’incarico di segretario del nuovo governo, rimase profondamente deluso dalla firma del trattato di Campoformido, che consegnava la città agli Austriaci.
Costretto a fuggire a Milano dove conobbe V. Monti e G. Parini, cominciò a collaborare con giornali e riviste. Passato a Bologna continuò l’attività di pubblicista e scrisse il romanzo epistolare “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”, romanzo largamente autobiografico, espressione di una profonda crisi esistenziale e filosofica. Successivamente ritornò a Milano dove pubblicò le odi “A Luigia Pallavicini caduta da cavallo” e “All’amica risanata” e 12 sonetti, tra i quali “Alla musa”, “Alla sera”, “A Zacinto”, “In morte del fratello Giovanni”; in essi le inquietudini della sua personalità si fondono in un rigoroso equilibrio formale e poetico. A Milano compose (1804-06) anche il carme “Dei sepolcri” in seguito all’editto napoleonico che proibiva la sepoltura nei centri abitati. Il poeta presenta una serie di considerazioni sul tema della morte e soprattutto su quello dell’immortalità legata al ricordo nei posteri del valore e della virtù, come testimoniano le tombe dei grandi Italiani sepolti a S. Croce a Firenze. Persa completamente la fiducia in Napoleone e cresciuti i dissidi con l’ambiente letterario milanese, si trasferì a Firenze dove avviò la stesura del poemetto “Alle Grazie”.
Dopo la definitiva caduta di Napoleone, rifiutò l’offerta del governo austriaco di dirigere la rivista letteraria “Biblioteca italiana” e se ne andò esule volontario a Londra. Qui si dedicò soprattutto agli studi di critica letteraria che ne fanno uno dei maggiori critici ottocenteschi.
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