Il titolo dell’articolo è tratto dal tema del convegno svoltosi a San Donà di Piave nel dicembre 2010, con la partecipazione di docenti universitari e di tecnici di livello regionale e nazionale. Se la Ferrovia ad Alta Velocità sia infatti una soluzione o un problema è un quesito a dir poco affascinante, anche se assai poco coinvolgente; almeno a giudicare dal livello d’attenzione sino ad ora suscitato nei cittadini del Veneto Orientale.
Per capire se lo stesso quesito sia o meno ozioso (oltre che affascinante) si propone di partire dalla “soluzione” che la stessa TAV andrebbe a rappresentare. Già, soluzione; ma soluzione a che cosa? Non esiste, nel Veneto e nel Friuli (stiamo parlando della tratta Venezia-Trieste) una “emergenza trasporti ferroviari”. Nel senso che, se è vero che i treni italiani sono indecenti e in perenne ritardo, è altrettanto vero che la linea a due binari esistente è sfruttata appena al 70 % della propria capacità. Si potrà obbiettare, a questo punto, che non esiste neppure un’emergenza abitativa o di capienza balneare, eppure si continua a costruire allegramente consumando territorio a ritmi impressionanti.
Qualcuno, disinformato e in vena di facezie come l’Assessore regionale alle infrastrutture Chisso, ha quindi sostenuto che la TAV avrebbe potuto smaltire parte del traffico merci attualmente su gomma. Peccato che gli esperti dello stesso Ministero sostengano che le merci non possono viaggiare sugli stessi binari dell’Alta Velocità; non solo, ma che le sole merci che attualmente conviene trasportare in ferrovia e su lunghe tratte, sono quelle povere (materie prime quali carbone, sabbia, legnami, ecc.): giusto quelle di cui l’Italia non dispone.
Come se non bastasse tutto questo è stata appena avviata la realizzazione della terza corsia autostradale, fortemente voluta dalla Regione Friuli (che detiene l’80% delle azioni di Venetostrade e che dal traffico autostradale trae un utile annuo che si aggira intorno ai 20-25 milioni di euro) e dalla Regione Veneto. Si potenzia cioè il traffico su gomma (che è in buona parte di puro attraversamento) e si dice, contestualmente, di volerlo trasferire in parte sull’Alta Velocità.
Ecco allora che l’espressione “soluzione”, riferita alla TAV, assume un significato diverso. Soluzione la TAV lo è per l’apertura di cantieri, ovvero per la movimentazione di montagne di denaro a beneficio dei soliti, noti e ignoti. E poco importa se la criminalità organizzata si inserisce nel colossale affare (che per i cittadini oltretutto è soltanto fonte di un maggiore debito pubblico): l’importante è che il denaro possa circolare (con buona pace del ministro leghista Maroni che si offende quando Saviano dice che la Mafia e la Camorra fanno affari al nord, dove la Lega comanda).
Fin qui l’asserita soluzione, trascurando volutamente le facezie della presidente della Provincia di Venezia Zaccariotto, che in una intervista televisiva ha avuto il coraggio di affermare che la TAV “avrebbe potuto determinare benefici al traffico balneare” (!).
Veniamo ora al problema; perché se non è soluzione, problema la TAV lo è eccome.
Si tratta invero di un problema articolato e di drammatiche dimensioni; ovviamente non percepito o soltanto in minima parte dai cittadini, che sono stati tenuti accuratamente all’oscuro di tutto questo, sia dalle istituzioni locali che dai partiti, ovvero dagli stessi che dovrebbero garantire la democrazia.
Il problema principale è costituito dalla devastazione territoriale. Dalla distruzione irreversibile della sola, vera risorsa che questa società lascerà in eredità al futuro e che appare ancora costituita dall’ambiente, dal territorio, dalla naturalità residua e dal paesaggio.
Qualcuno ha sostenuto (non manca mai il Vauro di turno, ovvero il cittadino in vena di facezie) che con qualche barriera arborea si risolve il problema estetico. Noi siamo di diverso avviso, perché un viadotto di altezza oscillante fra i tre e i dieci metri attraverso le campagne di Altino, Cà Tron, Marteggia, Millepertiche, Caposile, Palazzetto, Stretti, Busatonda, Sant’Elena, San Stino, Lison, ecc. ecc. andrà a determinare un impatto devastante e irreversibile. Uno sfregio destinato a durare per l’eternità (quella degli uomini, ovviamente) e a cambiare la vita e la percezione del proprio ambiente a migliaia e migliaia di cittadini. Come a dire che Attila, al confronto, era un alunno del collegio delle Suore, un bimbetto innocente, essendo che gli effetti delle sue terribili scorribande si cancellavano nel volgere di uno, due decenni.
Ci sono poi i problemi idrogeologici, ovvero quelli legati alla capacità portante di terreni imbevuti d’acqua perché di bonifica; o, ancora peggio, quelli dovuti ai passaggi sotterranei (vedi Mestre-Marghera-Tessera), con l’interruzione del deflusso di falda che sorregge i territori lagunari e litoranei.
Ci sono i problemi connessi con l’apertura di cantieri destinati a durare una generazione (un quarto di secolo appena!). Cantieri che andranno a significare nuove strade, migliaia di automezzi in transito, nuove cave e i bambini che cresceranno avendo la percezione di essere nati in un gigantesco cantiere, anziché nella leggendaria “Venezia Orientale”, tanto declamata quanto vituperata.
Infine, ma non certo da ultimo, nella scala attuale di valori della politica locale e nazionale, il problema economico. Problema che può essere tradotto in sintesi in un quesito: chi pagherà la TAV?
Bella domanda; anche questa estremamente suggestiva, perché la risposta è: non saranno l’assessore Chisso e il presidente Zaia a pagare, ma saremo noi. Saranno i cittadini, saranno cioè proprio coloro che la TAV la vedranno passare e basta e che a Kiev non andranno mai (a Kiev sembra non ci sia una grande domanda di badanti e quanto al turismo, langue).
A questo punto riteniamo che il quadro, anzi l’affresco (perché questo è il paese di Michelangelo e noi, nonostante tutto, siamo i suoi discendenti) sia abbastanza dettagliato. Questo significa, concludendo, che chi ha occhi per vedere, sensibilità per percepire e cultura per capire, potrà farsi un’idea della TAV. Un’idea che non significa “l’altra TAV”, ovvero una soluzione meno impattante, che esiste soltanto nella fantasia di qualcuno; ma che significa che il solo tracciato possibile della TAV è quello che non esiste.
Riferimenti:
Wikipedia
Ferrovie a nordest
Comitato NO TAV Venezia Trieste
Movimento 5 Stelle Basso Piave
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