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Quando un hobby diventa un lavoro

Non capita molto spesso di parlare di qualcuno che è riuscito a fare di un suo hobby un lavoro, ma questo è il caso di Daniela Zerbini, nostra concittadina, che ha dato vita, più di trent’anni fa, a Portogruaro, ad una attività commerciale ed artigianale insieme, “Tricot filati”, sfruttando una sua passione, quella del lavoro a maglia, che ha coltivato fin da bambina.

Questa suo interesse viene da lontano, si delinea e sviluppa all’interno della famiglia, dove la madre, valente sarta, incoraggia Daniela e Patrizia, l’altra figlia, a fare, a creare con le proprie mani. E’ naturale che le due sorelle, forti dell’esempio materno, si indirizzino dapprima verso il cucito e realizzino, come del resto molte loro coetanee, i vestitini per le bambole, anche se a differenza di quest’ultime, non si limitano a singoli pezzi, ma creano intere collezioni che poi mostrano, o meglio “presentano” alle loro amiche in estemporanee sfilate, lasciandole a bocca aperta.
Anche il padre, ricorda Daniela, pur svolgendo un lavoro impiegatizio, coltivava una vera e propria passione per il disegno e la pittura ed era, a suo dire, molto creativo e costituiva un modello di riferimento.

Daniela rievoca con particolare piacere questi momenti della sua infanzia e della sua educazione, affidata, dopo la scomparsa prematura del padre, completamente alla madre che incoraggiava il fare delle figlie e che adottava un metodo, a suo avviso molto efficace per sollecitare la loro curiosità e far emergere nuovi interessi che partivano sì dal cucito, ma spaziavano in molti campi, dalla maglia, all’uncinetto in primis, alla realizzazione di piccoli oggetti per la casa: lei si limitava a dare i primi rudimenti, poi diceva che il resto veniva da sé, che bisognava un po’arrangiarsi, “rubare con gli occhi”, provare insomma, incoraggiando così l’intraprendenza.
E questo è l’insegnamento che Daniela non ha più dimenticato e che ha applicato quando, conseguita la maturità all’Istituto tecnico commerciale, quasi casualmente una cliente della madre, vedendola alle prese con una liseuse ed ammirandone la perizia esecutiva e l’originalità, le commissiona una giacca; Daniela accetta con entusiasmo, si mette all’opera e realizza, lo ricorda ancora nitidamente, un golf bianco lavorato a onde. Da quel momento non si è più fermata: in seguito, assieme alla sorella, ha acquistato una macchina da maglieria ed ha aperto il negozio di filati, già citato, a Portogruaro.

Era l’84; la collaborazione con la sorella è durata 8 anni, poi Daniela ha continuato da sola. Ancora oggi lei si dice contenta della sua scelta e proprio la convinzione di aver fatto la cosa giusta, più adatta per lei, le ha fatto superare le difficoltà che si sono inevitabilmente presentate, ed affrontare con entusiasmo un ritmo di lavoro a volte massacrante. Le motivazioni che trova poi nella sua attività sono profonde per cui ci tiene a ribadire che il lavorare a maglia non è solo legato al fattore moda, ma rientra e si ricollega ad una cultura del fare, che si è evoluta nel tempo di pari passo con la storia dell’uomo ed è passata dalla realizzazione di capi di semplice fattura, con la funzione primaria di coprire, ad altri più elaborati, basati su punti sempre più preziosi, per approdare recentemente ad una ricerca e sperimentazione su materiali nuovi o sulla rielaborazione e riscoperta di quelli antichi.
E’ proprio questa convinzione che il suo lavoro attenga ad un fatto culturale e rientri in un certo modo di vedere, pensare il mondo ed agire, che spinge Daniela a trasmettere questo suo sapere a quante più persone possibile, organizzando corsi personalizzati, dove ciascuno può trovare le risposte a sue necessità, o in maniera più informale e gratuita, aiutando le clienti ad eseguire i vari capi e a superare le difficoltà tecniche.
Rimanendo in questo ambito, Daniela ha un suo sogno o progetto: organizzare dei corsi di maglia all’interno delle scuole, in modo che un patrimonio di abilità e sapienza antiche non vada disperso e dimenticato.

Ciò che colpisce poi, guardando i capi realizzati, tutti capi unici peraltro, oltre che l’abilità e la precisione tecniche messe in campo è anche e soprattutto la creatività, a tratti stupefacente, e che fa pensare ad un prodotto artistico oltre che artigianale.
Questo gusto per la decorazione, il colore, l’accostamento di materiali diversi, le soluzioni originali, lei li esprime anche nell’allestimento delle vetrine per le quali ha ricevuto vari riconoscimenti: in particolare 2 premi a Portogruaro e 2 a Pordenone, tra cui un I° premio sul tema dell’estate. Concludendo il nostro incontro, Daniela ricorda che il criterio che la guida nel suo lavoro, e nel suo rapporto con le clienti, oltre all’immancabile entusiasmo, non è tanto l’adesione acritica e pedissequa alla moda del momento, quanto lo sforzo  di avvicinarsi il più possibile alla personalità del soggetto che ha davanti, di rispondere alle sue esigenze profonde, il che la porta il più delle volte a rielaborare in chiave personale quanto dettato dagli stilisti. A questo punto non resta che visitare di persona il negozio – atelier “Tricot filati”, situato in via Garibaldi n.31 a Portogruaro, allo scopo di verificare “de visu” quanto letto; penso che non resterete delusi.
Buona fortuna, Daniela.

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Aquamater

ASSOCIAZIONE CULTURALE RIZOO
con la promozione del
COMUNE DI FOSSALTA DI PORTOGRUARO

PRESENTA

AQUAMATER

AQUAMATER è una celebrazione dell’acqua, una riflessione declinata attraverso diverse proposte culturali che fondono parole e immagini, scienza e arte, in conferenze, mostre (pittura, fotografia, video-arte, installazioni), concerti e spettacoli teatrali. Luogo e spazio della manifestazione è Villa Mocenigo di Alvisopoli, ideale contenitore sensoriale per il suo naturale rapporto con l’acqua.

INAUGURAZIONE SABATO 14 MAGGIO 2011 ORE 18:00
Villa Mocenigo – Alvisopoli di Fossalta di Portogruaro

informazioni nei file allegati e su www.rizoo.it


MOSTRE DAL 14 MAGGIO AL 5 GIUGNO 2011

GLI ARTISTI:

108, Alessandria

Elisabetta Di Sopra, Venezia

FFRame, Portogruaro (Ve)

Opla+ (giorgio chiarello, marco pasian), Portogruaro (Ve)

ENZIMA (Alessandro Coccolo, Alessandro Moro, Cristina Morettin, Faiza Cavallaro, Giulia Tambone, Marco Cecchinato, Marco Doro, Matteo Bortolussi, Enrico Bernardini, Sara Romanin, Gianluca Falcomer, Luca Pellegrini, Simone Falcomer), Portogruaro (Ve)

&A! (progetto itinerante per la libera sperimentazione artistica di interpretazione del senso e del luogo, che in questa occasione vede il coinvolgimento di: Carlo Pavan, Nicola Pavan, Enrico Sandonà, Marco Sandonà, Rizoo)

Luca Bidoli, Gruaro (Ve)

Maba degli alberi, Bosco Friuli

Marco Cecotto, Trieste

Pierpaolo Febbo, Portogruaro (Ve)

Riccardo Casagrande “Sammo”, Conegliano (Tv)

Roberto Sartor e Chiara Pecenik, Venezia

Silvia Lepore e Sandro Pellarin, Portogruaro (Ve)

Tellas, Cagliari

Valentina Brunello, Gorizia

ORARI DI APERTURA:
venerdì dalle 14.30 alle 19.30
sabato, domenica e 2 giugno dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 19.30


MUSICA

VENERDI’ 20 MAGGIO DALLE ORE 21:00 (in caso di pioggia il concerto verrà annullato)

AQUALIVE!

Opening:

dj set live Marco C.

On stage:

Vectigal

Diamond Dogs

Real Illusion

Il Vescovo e il Ciarlatano


TEATRO

SABATO 28 MAGGIO ORE 21:00

ARACATI
Il vento porterà

Progetto di: OfficineDuende
regia: Roberta Ruggiero, Marco Sorzio
Scuola di Teatro – Centro RUA
danza: Laura Vio

Nel nordest del Brasile c’è un vento – l’Aracati – che nasce dal mare e , dove passa, lascia storie a chi vuole ascoltare.
Ne abbiamo immaginate alcune; le abbiamo costruite usando per materia l’aria di un canto e la carezza di una danza.
Sono racconti fragili, e basta poco per sfaldarli – un soffio, e poi sono di nuovo nel vento.

MERCOLEDI’ 25 MAGGIO ORE 21:00

Conversazione sul teatro contemporaneo e piccola guida allo spettacolo Aratati presso la BIBLIOTECA DI FOSSALTA DI PORTOGRUARO

VENERDI’ 3 GIUGNO ORE 21:00

PATANOSTRADA / LA TERRA

di Sandra Mangini e Stefano Rota
con Stefano Rota e Max Bazzana
regia Sandra Mangini e Stefano Rota

Patanostrada, la Terra è un racconto comico e poetico, popolare e contemporaneo, dedicato alla cultura della Terra.
Si racconta l’epopea dei braccianti veneti che parteciparono alla Grande Bonifica Integrale.


CONFERENZE

DOMENICA 22 MAGGIO ORE 10:30

LA GESTIONE DELL’ACQUA TRA SCIENZA E SOLIDARIETA’

Relatori:

Prof. Alessio Alessandrini (Presidente di Acque del Basso Livenza S.p.A.)

Ing. Giancarlo De Carlo (Direttore Generale di Acque del Basso Livenza S.p.A.)

DOMENICA 29 MAGGIO ORE 10:30

ACQUA DA ROTTAMARE La ricerca applicata al recupero dai reflui di scarico

Relatore:

Diego Lorenzon (Presidente C.A.I.B.T. S.p.A)

DOMENICA 5 GIUGNO ORE 10:30

LA SPERANZA IN UNA GOCCIA La gestione delle risorse idriche in Africa orientale

Relatori:

Associazione Giovanni Lorenzin

Dott.ssa Rachele Lodi

  Manifesto Aquamater, 14 maggio 2011 (244,2 KiB, 3 download)
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  Comunicato stampa Aquamater (24,1 KiB, 19 download)
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Persone di ieri: la Diana Furlana

Penso che in ogni paese ci siano  stati e ci siano dei personaggi per così dire “originali”, marginali e a volte emarginati, dai comportamenti un po’ fuori dagli schemi. Questo si  verificava naturalmente anche a Gruaro e negli anni ’50 e ’60 una in particolare di queste persone, perché si trattava di una donna, aveva acceso la nostra fantasia di bambini.

Abitava di fronte alla latteria di Bagnara, in una casupola tirata su sommariamente con pochi mattoni e tavole di legno, con accanto un grande fico che l’avvolgeva tutta, anzi meglio l’abbracciava.
Nei pomeriggi di primavera, dopo la dottrina, noi bambini ci ritrovavamo a giocare insieme in piena libertà senza limiti di spazio e noi ci intrufolavamo dovunque, ogni luogo andava bene; un giorno decidemmo di andare a vedere da vicino quella casa così strana; arrivati nel cortile, fummo presi da una irrefrenabile curiosità di entrare e di vedere cosa ci fosse dentro.

La paura era tanta, ma maggiore era la sfida con noi stessi, il desiderio di metterci alla prova.
“Chi ca a il coragiu da zi lì dentru a no l’è un fifon”
Non aspettavamo altro, i coraggiosi non mancavano e noi femminucce non ci tiravamo certamente indietro: “Beh,noi no vin paura di sicur…però seo sicurs che lì dentru a no l’è nessun? E di chi ca ei sta ciasa?”
“Mi lu sai, ei dela Diana Furlana.”
“Sì, propiu dela Diana Furlana..e a disin ca sei ‘na stria.”
“Sì, figurati ‘na stria! Allora dinu dentru sì o no?”
“Mi vai par prin…”
E seguendo l’eroe entrammo tutti, furtivamente, con qualche timore.

Il pavimento della stanza che ci accolse era in terra battuta; l’arredamento era costituto da una piccola stufa su cui era posato un bricco tutto annerito dal fumo, da un tavolino coperto da una tovaglia ricamata a grosse rose rosse, da due sedie e da un letto sfatto, se così si poteva chiamare quella rete appoggiata su blocchi di cemento, con un materasso a righe bianche e marrone, riempito di foglie di mais, su cui riposava un bellissimo gatto nero, sopra una coperta bella pulita a fiori rossi e gialli.
Alle finestre erano appese, in sostituzione di alcuni vetri mancanti, coperte lavorate all’uncinetto con un motivo di piccoli riquadri di svariati colori.
La luce che filtrava attraverso i trafori di quei ricami era colorata e donava un’atmosfera strana e misteriosa alla stanza.
Contribuiva molto ad alimentare questa sensazione l’odore presente nell’ambiente, un misto di fumo e grasso, mescolato al profumo della lavanda che pendeva in enormi mazzi dalle travi del soffitto.
Nell’armadio erano appesi degli abiti, che a noi sembravano molto strani, ma erano semplicemente fuori moda: erano bellissimi, avevano pizzi, velluti fiorati ed avevano tutti gonne molto ampie.
Ma poi vidi lo scialle appeso al muro e me ne innamorai. Era bellissimo, con lunghe frange di seta nera che mettevano in risalto il pizzo con cui era fatto.

Altre cose in quella stanza meritavano di essere notate, ma non le vedemmo perché sulla porta era apparsa lei, la Diana Furlana, piccola, minuta, con lunghi capelli neri e lucidi, coperti in parte da un fazzoletto di seta legato stretto stretto sotto il mento; la sua faccia aveva tratti gentili, gli occhi erano neri e buoni. Teneva la testa reclinata da un lato, come le persone timide e schive. I suoi indumenti erano di una taglia più grande: indossava una gonna ampia, lunga fino alle caviglie, a fiori colorati su fondo nero, stretta in vita da una alta cintura rossa. L’orlo della gonna era irregolare, a “piciandulon” insomma.
Sulle piccole spalle era appoggiato uno scialle, quasi uguale a quello che avevo ammirato appeso al muro e che riusciva quasi a coprirla tutta.
Le scarpe erano di pelle nera, con cinturino e grossi tacchi alti.
Rimase sulla porta, immobile, muta e ci guardava…

I ragazzi, dopo un momento di esitazione, scapparono e, passandole davanti di corsa, quasi la fecero cadere.
Lei sorrise. Anche le bambine scapparono, io rimasi per ultima con la mia amica del cuore e guardandola negli occhi le passammo davanti e, sottovoce, le chiedemmo scusa. Lei si strinse nel suo scialle, nascondendovi la faccia e con quella specie di abbraccio ci fece capire che non era arrabbiata.

Abitava da sola la Diana Furlana e girava per il paese con la sua bicicletta, sempre vestita con abiti fiorati e avvolta nei suoi scialli e, mentre pedalava, parlava da sola e la gente diceva che era un po’ matta, ma per quello che io so non ha mai fatto male nemmeno ad una mosca.

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Presentazione del libro “Le malattie del desiderio” di Fabrizio Turoldo

Salve a tutti.

Venerdì 20 maggio 2011 alle ore 20.45 affrontiamo due temi difficili, quello della tossicodipendenza e dell’anoressia, presentando il libro “Le malattie del desiderio” del prof. Fabrizio Turoldo, ed incontrando l’autore.

L’incontro si terrà presso la Villa Ronzani di Giai di Gruaro e sarà possibile acquistare il volume ad una modica cifra.

Allego la locandina dell’evento ed invito come sempre tutti a segnalare la serata.

  Le malattie del desiderio, di Fabrizio Turoldo (655,1 KiB, 13 download)
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PArCo: Pordenone Arte Contemporanea

La città friulana si affaccia al mondo dell’arte contemporanea con due nuovi spazi e due grandi mostre.

Anche Pordenone ora ha il suo centro d’arte, PArCo – Pordenone Arte Contemporanea -, situato presso le stanze di Villa Galvani all’interno dell’omonimo parco. Allo storico palazzo è stato affiancato un nuovo e più ampio edificio, adibito anch’esso a spazio espositivo, in una fortunata integrazione tra passato e presente. La struttura si compone appunto della villa veneta restaurata, sviluppata su tre piani e dal classico impianto architettonico, e da un nuovo ampliamento che ospita l’ingresso principale, nuove sale espositive, un centro congressi e altri spazi destinati ai servizi museali. I due edifici sono adiacenti e comunicanti e si sviluppano per una superficie complessiva di circa 1.800 mq, di cui 1.200 mq circa adibiti a spazi espositivi.

La galleria è stata progettata per poter ospitare opere di ogni genere e dimensione, e mostre complesse ed eterogenee. La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Armando Pizzinato” (Maniago 1910 – Venezia 2004), così è stata intitolata la struttura museale in memoria di  uno dei più importanti artisti italiani del secondo dopoguerra, raccoglie una collezione di dipinti, sculture, incisioni, fotografie del Novecento provenienti dal Museo Civico d’Arte di Pordenone. Una raccolta importante che annovera i migliori artisti del territorio, tra i quali: Mirko Basaldella, Corrado Cagli, Armando Pizzinato, Luigi Vettori, Giuseppe Zigaina e Luigi Zuccheri. Vi è affiancata inoltre la Collezione Ruini, voluta dall’Ing. Roberto Ruini, che riunisce insieme opere di Giorgio De Chirico, Massimo Campigli, Roberto Crippa, Filippo de Pisis, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Alberto Savinio, Mario Sironi. Infine la Galleria possiede una raccolta di opere grafiche di Pablo Picasso, Georges Braque e Marc Chagall.

Per l’inaugurazione di questo nuovo spazio si è scelto di esporre il lavoro di un artista italiano dall’intensa e prolifica attività, in concomitanza con il centenario della sua nascita: Corrado Cagli e il suo magistero. Mezzo secolo di arte italiana dalla Scuola Romana all’astrattismo. La mostra, visitabile dal 13/11/2010 al 30/01/2011, si articolava principalmente in due sezioni, suddivise nei due corpi della galleria: la prima, allestita presso il nuovo edificio, seguiva il percorso artistico ed intellettuale dell’autore, proponendo una selezione di opere che ne esplicavano la spiccata poliedricità, ripercorrendo stili, periodi, e idee del suo fare arte. La seconda parte, organizzata a sua volta in varie sezioni era dedicata all’influenza di Cagli nel panorama italiano, si sviluppa sui tre piani delle stanze della Villa.

Questa esposizione ha ben dimostrato l’attività di Corrado Cagli (Ancona, 1910 – Roma, 1976) e la sua grande abilità tecnica e padronanza artistica in diversi campi, collocandosi come fulcro propulsivo del contesto italiano tra gli anni trenta e settanta del Novecento. E’ stata sottolineata inoltre l’influenza di Cagli nei confronti di molti artisti suoi coetanei, alcuni dei quali friulani, in particolar modo per i tre fratelli Basaldella. Affinità di stile vi fu anche con lo stesso Pizzinato, con il quale condivise le ideologie del Formalismo astratto. Ma fu la cerchia della Scuola Romana (Capogrossi, Cavalli, Melli) che subì maggiormente la presenza di Cagli, il quale contribuì alla stesura del Manifesto del Primordialismo Plastico del 1933, nel comune intento di realizzare una ricerca pittorica prevalentemente improntata sul tonalismo.

Alla sede principale si è deciso di “affiancare” un secondo edificio, chiamato appunto PArCo 2 – Spazi Espositivi di Via Bertossi, una vecchia scuola realizzata nel 1925 su una costruzione preesistente situata in un palazzo del centro storico, riqualificato anche grazie alla collaborazione del noto architetto tedesco Thomas Herzog. Nelle sette grandi stanze si è scelto, per l’inaugurazione (dal 06/11/2010 al 30/01/2011), di ospitare la prima personale italiana del fotografo americano Jim Goldberg (California 1953): foto, video, oggetti, testi, per esplorare tutte le principali tappe della profonda esperienza dell’artista, come i più noti progetti “Rich and Poor”, “Raised by Wolves” e “Open See”, ed altri scatti inediti esposti per l’occasione. Indagine sociale e ricerca documentaristica si intrecciano, esaltati da un allestimento magistralmente sofisticato ed accogliente, una mostra profonda e ben curata.

Due esposizioni di valore ed importanza, allestite in spazi funzionali e ben strutturati, due sedi espositive decisamente istituzionali, che mirano a rafforzare il progetto culturale della città.

Per info: http://www.artemodernapordenone.it/

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Venezia, le meraviglie nascoste

Un turista che stia compiendo una passeggiata nel centro di Venezia non deve assolutamente tralasciare una piccolissima deviazione dalla strada principale, per ammirare ciò che molti si sono spesso sfortunatamente lasciati sfuggire, nonostante sia una delle cose più belle in Venezia.

Stiamo parlando della Scala Contarini del Bovolo (“bovolo” in veneziano significa chiocciola o lumaca).

Procedendo da campo santo Stefano e diretti verso campo San Luca e Rialto, dopo aver percorso una bellissima calle piena di negozi, pasticcerie e bar, oltrepassato un ponte su un rio, arriverete in campo Manin; mantenetevi sul lato destro del campo (alla vostra sinistra vedrete il leone del monumento a Daniele Manin di Luigi Borro, mentre di fronte a voi si trova la purtroppo stonata e brutta facciata del Palazzo Nervi-Scattolin, sede della Cassa di Risparmio di Venezia).
All’altezza del monumento, sul lato destro come detto, si apre una piccola calle che porterà alla “Scala del bovolo”. Seguite la segnaletica.
Nascosta all’interno di una piccola corte (corte Contarini) vi apparirà all’improvviso in tutta la sua straordinaria eleganza. È uno dei più singolari ed emozionanti esempi di architettura veneziana che esprime un passaggio dallo stile gotico, ben radicato nella cultura locale, a quello rinascimentale.

Nel 1449 il patrizio veneziano Pietro Contarini fece aggiungere al suo palazzo tardo gotico di S. Paternian un nuovo corpo architettonico, probabilmente opera dell’architetto Giovanni Candi o dell’architetto Giorgio Spavento, per rendere visivamente piú attraente la facciata interna del palazzo prospicente un piccolo cortile, un tempo protetto da una cinta muraria. Una serie di logge sovrapposte congiunge i vari piani alla snella aerea scala che si snoda a chiocciola all’interno di una torre cilindrica traforata da archeggiature ascendenti. Il tutto diffonde aria rinascimentale, ma si inserisce in una struttura che nella forma ricorda i modelli delle torri scalari bizantine.

Sulla sommità della scala (non sempre purtroppo é aperta; ora é in restauro) si può ammirare uno splendido, onirico panorama: tetti, campanili, cupole, camini, con una visuale a 360 gradi sull’intera meraviglia del mondo che é Venezia.
Nello spazio erboso adiacente all’entrata della scala, delimitato da una cancellata, sono poste alcune antiche vere da pozzo dove dormono pigri i gatti della città lagunare.

Proprio perché situata in questo solitario e silenzioso angolo nascosto della città, la Scala Contarini del Bovolo raramente viene visitata da comitive di escursionisti. Solo i turisti dotati di un buon libro guida o di una mappa dettagliata di Venezia sono in grado di raggiungere questo gioiello che, come spesso tutte le cose belle e preziose, rifugge dal frastuono e dalla superficialità del mondo.

info: http://www.scalabovolo.org/

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Cartoline da Gruaro

E’ proprio così che i gruaresi avrebbero voluto il loro paese?

E’ questa la domanda che mi sono posta, alla vista degli ultimi interventi urbanistici, chiamati “riqualificazione”, della nostra amministrazione.

Siamo proprio sicuri che quest’ultima cementificazione, a scapito del verde pubblico, porterà maggiore benessere e che il territorio del Comune acquisterà in qualità di vita?

Nei 30 anni e oltre che abito a Gruaro, ho visto l’ambiente trasformarsi con una massiccia edificazione abitativa, anche se la popolazione è aumentata di pochissimo.

Non mi sembra ancora che l’edificabilità artigianale abbia garantito un maggiore impiego ai giovani.

Perchè gli abitanti di un luogo non dovrebbero essere consultati sulle scelte dei loro amministratori, quando queste riguardano il loro vivere futuro?


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Autismo, sindrome misteriosa

Forse qualche volta ci siamo trovati di fronte a persone difficilmente classificabili.
La nostra logica spontaneamente ci porta a sistemare secondo certe categorie tutto ciò che vogliamo faccia parte del nostro patrimonio di conoscenze.
E quelle persone, bambini o adulti, avevano un comportamento piuttosto bizzarro!
Il più delle volte avevano anche lineamenti molto belli! “…che strano! Così belli…”.

In casi simili, se siamo proprio coraggiosi, proviamo ad iniziare un discorso, magari pentendoci subito dopo perché completamente ignorati, oppure perché ci sentiamo rivolgere una frase che non ha niente a che fare con ciò che abbiamo appena detto e quella frase viene ripetuta più e più volte, per noi del tutto senza senso.
Oppure  assistiamo a movimenti sterotipati, quasi dei tic, che a volte richiedono anche parecchia abilità. Mah! Rimaniamo sempre più sconcertati.

Ecco! Questa persona probabilmente è autistica, fatto questo che comporta un deficit nella relazione, nella comunicazione e nella immaginazione.
In passato la “colpa” di tutto questo veniva data alla madre “frigorifero”, cioè alla madre che non aveva saputo dare amore. Dal momento che la persona con autismo difetta nella relazione, l’origine della sindrome deve stare nella relazione più importante, cioè quella con la madre!
Questo ragionamento errato ha causato tantissimi deleteri sensi di colpa in quelle povere mamme che si rivolgevano a certi psichiatri.

Ancor oggi non si sa tutto sull’autismo; si parla di malattia poligenica, di ereditarietà, di interazione di geni particolari e ambiente, di alterazioni neurologiche e immunitarie. Le statistiche dicono che la frequenza della sindrome autistica nella popolazione mondiale è di 10-30 casi ogni 10000 persone.
Questo valore, rispetto a qualche anno fa, è andato aumentando con il perfezionarsi delle tecniche di indagine, con conseguenze significative. Altro dato interessante: i maschi sono colpiti 4 volte più delle femmine.

A parte tutto questo, quando in un bimbo di 12-18 mesi, dallo sviluppo apparentemente normale, insorgono sintomi particolari, i genitori, disorientati, si chiedono cosa stia succedendo e cosa fare. Questo è un momento difficilissimo per più di un motivo. Per esempio perché non sempre è facile trovare chi può dare indicazioni in tal senso.
Innanzi tutto è importante la diagnosi corretta. A questo deve seguire la valutazione delle capacità esistenti e delle capacità che stanno emergendo, per poter impostare un programma educativo individualizzato. Tale programma mira a non far perdere ma a potenziare le capacità già acquisite, a stimolare quelle “in nuce” e a tenerle sempre monitorate per un costante adeguamento del percorso educativo.
Per tutto questo è chiaro che ci vogliono delle specifiche competenze.
I genitori sono senz’altro le persone che più di tutti amano e  conoscono il loro figlio ma è difficile che abbiano anche quella competenza che serve in questi casi.

La Fondazione Bambini e Autismo ONLUS è un fiore all’occhiello del nostro territorio.
Questo centro è stato fondato 12 anni fa a Pordenone da due genitori che, con un bimbo autistico, non hanno trovato nel territorio risposte al loro problema.
In questi anni la Fondazione ha raggiunto notevole rilevanza in Italia e non solo.
A Pordenone c’è la sede del centro diagnostico e terapeutico e la sede dell’Officina dell’Arte (centro lavorativo per adulti).
A Cordenons c’è Villa Respiro, dove, durante la settimana, si effettuano sedute perché la persone con autismo imparino ad usare le abilità che possiedono per gestire la loro vita al meglio,mentre nei fine settimana gruppi a turno si fermano anche la notte per dare un po’ di “respiro” ai loro genitori. Ancora. Sempre a Pordenone sono da poco iniziati i lavori per un altro progetto ambizioso: la costruzione di un centro dove queste persone risiedano quando non saranno più accuditi dai loro genitori.
Naturalmente poiché l’autismo è molto invalidante ed è una sindrome che accompagna tutta la vita del soggetto che ne è interessato, tutte le attività svolte in questi centri sono preparate e seguite da terapeuti, psicologi o pedagogisti, con preparazione specifica.

Si potrebbe dire molto di più, sia dell’autismo che della Fondazione. Queste sono solo alcune notizie riguardo questo mondo di persone affascinanti, con un modo di essere che mette a volte  chi ne è a contatto nella condizione privilegiata di comprendere particolarissimi aspetti della vita.

per ulteriori informazioni:
http://www.bambinieautismo.org/

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Ancora sulla guerra di Libia…

Dopo lo sfogo, un commento un po’ più ponderato.

“La cosa strana nell’assurdità della storia è che ci sia una spiegazione a tutto”
Cees Nooteboom, Voorbijie passages

Ancora una “guerra umanitaria”, ancora bombardamenti su un paese straniero per “lavare” la nostra coscienza di sedicenti democratici.
Questa volta tocca alla Libia del corteggiatissimo (in passato) Mu’ammar Gheddafi, ben consapevoli di quanto possa essere controproducente per gli equilibri interni di quel popolo un intervento militare occidentale.

E’ particolarmente fastidiosa l’ipocrisia di noi europei, che fingiamo di stupirci se un dittatore si comporta da dittatore, lo ignoriamo per anni quando massacra i migranti che tentano di giungere sulle nostre coste o reprime nel sangue la rivolta di Bengasi del 2006, ma siamo ben lieti di accettare i suoi investimenti nelle nostre banche, imprese, società di calcio.
Poi, quando ci accorgiamo che il suo potere rischia di sgretolarsi di fronte ad una Rivoluzione che non controlliamo e che potrebbe andare in una direzione che non ci piace, decidiamo di bombardarlo.

Senza alcuna credibilità e senza alcuna legittimazione, se non quella di essere stato 4 anni ministro della Giustizia del regime di Gheddafi, il segretario del Consiglio Nazionale ad interim di Transizione della Libia (CNT), Mustafa Abdul Jalil, tra i principali fautori dei bombardamenti occidentali, rassicura pervicacemente i paesi europei che ad un cambio di regime nulla cambierà, nei rapporti internazionali, nè per quanto concerne le forniture energetiche, nè per il “controllo” sull’immigrazione (tanto caro a noi italiani).

Il CNT libico, composto da 31 membri, quelli noti quasi tutti di Bengasi, con un solo rappresentante dei giovani (l’avvocato Fathi Tirbil) che tanto si stanno spendendo nella Rivoluzione libica, è un organo riconosciuto internazionalmente solo da Francia, Qatar ed Italia, ha un sito internet che sembra fatto su misura per noi occidentali (recita tronfiamente: “Freedom, Justice, Democracy”), un manifesto politico quanto di più generico e vago possibile (*).

La verità è che con questi bombardamenti nessuno, nemmeno gli insorti, sembra sapere in che direzione possa andare la Rivoluzione, né quanto possano essere forti ed influenti questi personaggi e pressioni filo-occidentali sul CNT.

Un autentico cambio di regime in Libia è tutto da verificare, la Storia anche recente (penso alla Rivoluzione dei Cedri in Libano, nel 2005) insegna quanto sia breve il passo da una vittoria della guerra civile ad una sconfitta della Rivoluzione.

Per questo sono contro la guerra degli Occidentali: sto con gli shebab, sto con la Rivoluzione libica e credo che nessun governo arabo libero possa mai costituirsi con l’interferenza occidentale.

(*) valga per tutti il punto 7b, ove in tema di economia recita: “lo sviluppo di una genuina partnership economica tra un forte e produttivo settore pubblico, un libero settore privato ed un’efficace società civile che eviti corruzione e sprechi”.

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Un Sillabario per il Sillabo

“… e liberamente vuol dire di non essere costretto a mandarli a scuola in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell’ambito della loro famiglia” (Silvio).

– L’errore XLV
Svelato l’arcano dell’ostinazione con cui si susseguono da anni le riforme epocali della scuola: si tratta di correggere errori, emendare abbagli, mondare storture. Ce lo dicevano, del resto, già dal 1864 che è “uno dei principali errori dell’età nostra” quello di ritenere che “l’intero regolamento delle pubbliche scuole, nelle quali è istruita la gioventù dello Stato […], possa e debba essere attribuito all’autorità civile; e talmente attribuito, che non si riconosca in nessun’altra autorità il diritto di intromettersi nella disciplina delle scuole, nella direzione degli studi, nella collazione dei gradi, nella scelta e nell’approvazione dei maestri” (Enciclica “Quanta cura”, Sillabo di Pio IX, errore XLV).

Il nostro Presidente, giustamente, non vuol passare alla Storia come “cavaliere errante” (cioè come uno di quei miseri che perseverano nell’errore), vuol anzi essere nostra guida e nostro aiuto nella sconfitta dell’errore stesso e del disordine. In modo persino accorato, egli ci ricorda dunque come sia assurdo che le pubbliche scuole siano rette dall’autorità civile, come sia assurdo pensare che non vi debba essere un’autorità morale superiore, la quale per sua natura non può esimersi dall’indirizzare gli studi, regolarne la progressione, scegliere e approvare i maestri: “non est enim potestas nisi a Deo”.

Facciamo barriera dunque all’errore, ripristiniamo l’antica verità: philosophia ancilla theologiae!

L’affermazione che segue grida infatti vendetta al cospetto di Dio:

“L’ottima forma della civile società esige che le scuole popolari, quelle cioè che sono aperte a tutti i fanciulli di qualsiasi classe del popolo, e generalmente gl’istituti pubblici, che sono destinati all’insegnamento delle lettere e delle più gravi discipline, nonché alla educazione della gioventù, si esimano da ogni autorità, forza moderatrice ed ingerenza della Chiesa, e si sottomettano al pieno arbitrio dell’autorità civile e politica secondo il placito degli imperanti e la norma delle comuni opinioni del tempo.” (Errore XLVII).

In un articoletto di un certo Paolo Deotto, sul sito web Riscossa cristiana. Sito cattolico di attualità, cultura, ecc., si legge tra l’altro “Ora Berlusconi ne ha fatta un’altra delle sue, ossia ha detto un’altra cosa arcinota, ma che si deve tacere. Ha detto che la scuola pubblica non educa…”

È arcinoto, dunque, che gli insegnanti nella scuola statale vogliono inculcare principi che sono il contrario di quello “che i genitori vogliono inculcare ai loro figli”. E la cosa è evidentemente dovuta al fatto che non c’è più un’autorità indiscutibile che vagli e approvi i maestri; non c’è più nessuno, oltre all’autorità civile, che si intrometta nella disciplina delle scuole…: ecco perché questi insegnanti della scuola di Stato possono impunemente “introdurre con violenza”, nelle menti dei giovani, principi contrari a quelli delle famiglie del nostro presidente.

E non c’è collega illuminato, o dirigente scolastico o genitore, che possa intervenire, chiedere, discutere con tali “inculcatori” al servizio dell’eresia: bisogna liberare gli Italiani dalla costrizione che li priva della libertà di educare i propri figli, dall’imposizione della scuola di Stato.

Certo è però che non si capisce come mai nella scuola di Stato (in questa sorta di Babilonia contro natura) ci siano anche tanti insegnanti certificati dall’autorità diocesana (25.694), e tanti insegnanti che si indebitano (magari usufruendo oggi di qualche sconto) per mandare i propri figli in quella stessa scuola “libera” in cui non hanno scelto di insegnare: fanno parte anch’essi di quelli che “non educano” e inculcano?

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– “Principi contrari a quelli che le famiglie vogliono inculcare”
Sono le parole finali, precise precise, delle cose arcinote divulgate dal Cavaliere alla platea dei Cristiano Sociali: applauditissime.

Ma le famiglie devono poter “inculcare” ciò che vogliono ai loro figli?
Certo! Tutte le più moderne teorie pedagogiche sono infatti concordi nel ritenere che alle famiglie, e solo alle famiglie, spetti il compito di “inculcare”: solo ad esse è lecito, se non doveroso e giusto, “introdurre a forza” e “spingere dentro col calcagno”, nella testa dei loro figli, i “principi che vogliono”.