Dopo 17 anni di lotta impari contro migliaia di pescasportivi appoggiati da Istituzioni locali e provinciali, il sottoscritto, nelle vesti di Presidente dell’UPPB, è riuscito a fare applicare le nuove direttive europee da parte di chi, per primo, avrebbe dovuto divulgarle.
Ormai, Boldara e la zona circostante, in base ad una legge europea, è stata inserita nelle zone ZPS e SIC, gradino appena sotto la qualifica di PARCO NATURALE, e questo in gran parte grazie alla nostra azione e di pregiato restauro e di segnalazione della valenza ambientale del territorio.
Nonostante la nuova legge, alcuni responsabili pensavano di poter fare l’orecchio da mercante e continuare ad autorizzare le dannose gare di pesca. Atteggiamento al limite dell’irresponsabile visto che la non ottemperanza alle leggi della CEE comporta l’eliminazione di tutte le sovvenzioni di cui la zona coinvolta potrebbe beneficiare. Abbiamo dovuto intervenire molto in alto con la preziosa collaborazione del WWF Italia per riuscire a farlo capire. Finalmente, il calendario delle gare è stato cancellato, a conferma della giustezza della nostra posizione, purtroppo valutata per settimane senza esito negli uffici della “Rampa Cavalcavia”. “Sarebbe una rivoluzione eliminare le gare di pesca a Boldara” è stato detto da un responsabile provinciale, convinto che applicare le leggi sia in Italia una cosa eccezionale.
A questo punto cosa cambia? Nelle zone SIC e ZPS si possono ancora programmare delle attività ma a condizioni molto precise, previa la presentazione di un documento di valutazione di incidenza. Tale documento viene rilasciato da una esiguo gruppo di specialisti ad un costo piuttosto elevato (2000-5000€). Esso valuta se l’attività richiesta è compatibile con l’ambiente in cui si svolgerebbe. Perciò non c’è alcun automatismo fra presentazione del documento (ed il suo pagamento) ed una autorizzazione a procedere come succedeva in precedenza negli uffici provinciali.
Ormai è appurata la delicatezza dell’ecosistema delle rive del Lemene, già parecchio alterato dal pestaggio ventennale di migliaia di stivali e da costosissimi e sciagurati pubblici interventi, ipocritamente nascosti sotto la dicitura di “riqualificazione ambientale”. C’è da sperare che non sarò l’unico a chiedermi perché, sotto la guida della Murer (Ass. Caccia pesca provinciale) e dell’ex sindaco Gasparotto, questa zona, oggi doverosamente protetta in quanto di estrema valenza ecologica, per colpa loro sia sempre stata lasciata ad uso e consumo esasperati di masse distruttive. C’è anche da chiedersi perché debba essere uno straniero ad urlare questo da anni, da solo, e nell’indifferenza generale e perché debba essere la Comunità Europea a fare aprire gli occhi alle Istituzioni nazionali per obbligarle a proteggere i propri beni ambientali.
Purtroppo è una consuetudine da queste parti dover aspettare le benedizioni “foreste” per rendersi conto di chi è santo nel Bel Paese, ricordando con ciò i nostri Rubbia e Dario Fo.
Claude Andreini – Presidente della associazione “UN PARCO PER BOLDARA”
La rubrica dei “perché”, giugno 2006
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