Referendum costituzionale del 25-26 giugno 2006

Nel caos generato dal “marasma istituzionale” di questo periodo (elezioni politiche, elezione del Presidente della Repubblica, insediamento del nuovo governo, elezioni amministrative), ben pochi osservatori e commentatori si sono curati di riservare  uno spazio consono al fondamentale (quanto raro ed importante) appuntamento dei prossimi giorni.

Il 25 e 26 giugno 2006, infatti, tutti i cittadini italiani aventi diritto saranno chiamati alle urne per esprimersi in merito al referendum consultivo sul testo di legge costituzionale recante le «Modifiche alla Parte II della Costituzione». In pratica dovranno decidere se confermare o meno le modifiche alla seconda parte della carta fondamentale del Nostro Ordinamento, approvate dal Parlamento nella passata legislatura.

Prima di accennare ai punti fondamentali di tali modifiche è opportuno premettere quanto segue:

  1. la presente “riforma” costituzionale è stata approvata dalla sola maggioranza parlamentare della passata legislatura, senza consultare l’opposizione;
  2. la presente “riforma” costituzionale modifica ben 53 dei 138 articoli della Costituzione, quindi il termine “riforma” è decisamente limitante della portata che potrebbe avere nei riguardi del nostro ordinamento.

Appurate tali premesse è ovvio e automatico che andare a votare al referendum richieda un minimo di consapevolezza, ed è altrettanto ovvio per lo scrivente fornire una chiara e precisa indicazione a votare NO e bocciare così le modifiche introdotte.

Quali sono dunque i punti più controversi della “riforma”, al di là del becero metodo utilizzato per la sua approvazione?

Essi sono raggruppabili nelle seguenti categorie:

  1. FORMA DI GOVERNO
  2. ISTITUZIONI DI GARANZIA
  3. ITER LEGISLATIVO
  4. COMPETENZE DELLE REGIONI

che di seguito -e brevemente- si possono esplicare.

1. introduzione del cosiddetto “super-premier”, cioè il primo ministro “coi super poteri”:

  • diventa automaticamente primo ministro il capo del partito di maggioranza relativa;
  • non necessità più della fiducia del Parlamento per insediarsi;
  • ha il potere di nomina e revoca dei ministri;
  • determina (non più “dirige”) la linea del Governo e le attività dei Ministeri;
  • ha il potere di scioglimento delle Camere;
  • diventa di fatto insostituibile per l’intera durata della Legislatura.

Tutto ciò è estremamente pericoloso per l’enorme potere di ricatto che egli potrebbe esercitare sul Parlamento, trovandosi così detentore sia del potere esecutivo che di quello legislativo, alla faccia di Montesquieu.

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