Le isole di Venezia Archivi

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Venezia, le meraviglie nascoste

Un turista che stia compiendo una passeggiata nel centro di Venezia non deve assolutamente tralasciare una piccolissima deviazione dalla strada principale, per ammirare ciò che molti si sono spesso sfortunatamente lasciati sfuggire, nonostante sia una delle cose più belle in Venezia.

Stiamo parlando della Scala Contarini del Bovolo (“bovolo” in veneziano significa chiocciola o lumaca).

Procedendo da campo santo Stefano e diretti verso campo San Luca e Rialto, dopo aver percorso una bellissima calle piena di negozi, pasticcerie e bar, oltrepassato un ponte su un rio, arriverete in campo Manin; mantenetevi sul lato destro del campo (alla vostra sinistra vedrete il leone del monumento a Daniele Manin di Luigi Borro, mentre di fronte a voi si trova la purtroppo stonata e brutta facciata del Palazzo Nervi-Scattolin, sede della Cassa di Risparmio di Venezia).
All’altezza del monumento, sul lato destro come detto, si apre una piccola calle che porterà alla “Scala del bovolo”. Seguite la segnaletica.
Nascosta all’interno di una piccola corte (corte Contarini) vi apparirà all’improvviso in tutta la sua straordinaria eleganza. È uno dei più singolari ed emozionanti esempi di architettura veneziana che esprime un passaggio dallo stile gotico, ben radicato nella cultura locale, a quello rinascimentale.

Nel 1449 il patrizio veneziano Pietro Contarini fece aggiungere al suo palazzo tardo gotico di S. Paternian un nuovo corpo architettonico, probabilmente opera dell’architetto Giovanni Candi o dell’architetto Giorgio Spavento, per rendere visivamente piú attraente la facciata interna del palazzo prospicente un piccolo cortile, un tempo protetto da una cinta muraria. Una serie di logge sovrapposte congiunge i vari piani alla snella aerea scala che si snoda a chiocciola all’interno di una torre cilindrica traforata da archeggiature ascendenti. Il tutto diffonde aria rinascimentale, ma si inserisce in una struttura che nella forma ricorda i modelli delle torri scalari bizantine.

Sulla sommità della scala (non sempre purtroppo é aperta; ora é in restauro) si può ammirare uno splendido, onirico panorama: tetti, campanili, cupole, camini, con una visuale a 360 gradi sull’intera meraviglia del mondo che é Venezia.
Nello spazio erboso adiacente all’entrata della scala, delimitato da una cancellata, sono poste alcune antiche vere da pozzo dove dormono pigri i gatti della città lagunare.

Proprio perché situata in questo solitario e silenzioso angolo nascosto della città, la Scala Contarini del Bovolo raramente viene visitata da comitive di escursionisti. Solo i turisti dotati di un buon libro guida o di una mappa dettagliata di Venezia sono in grado di raggiungere questo gioiello che, come spesso tutte le cose belle e preziose, rifugge dal frastuono e dalla superficialità del mondo.

info: http://www.scalabovolo.org/

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San Lazzaro degli Armeni

Quasi di fronte all’imbarcadero di Santa Maria Elisabetta, fermata principale del Lido di Venezia, verso Ovest, si trova l’isoletta di San Lazzaro degli Armeni, definita da uno dei maggiori poeti del novecento, Aldo Palazzeschi, “isoletta venuta dall’oriente galleggiando, e rimasta incantata davanti a Venezia”.

Questa perla della laguna, trascurata in passato dalla storia e dagli uomini ma rimasta immutata nonostante il passare del tempo, è stata presa in cura e salvata dall’erosione della salsedine e dal disinteresse, da pochi monaci armeni che fecero di questo spicchio d’oriente uno dei più importanti centri di riferimento culturale e religioso per il popolo armeno.

Breve storia dell’isola:

  • 810: un abate del monastero benedettino di sant’Ilario di Fusina riceve in affidamento l’isolotto dalla Serenissima repubblica di Venezia.
  • 1182: viene trasferito l’ospedale dei lebbrosi di San Trovaso e l’isola prende il nome di San Lazzaro, protettore dei lebbrosi (vedi la derivazione del termine “lazzaretto”).
  • Fu in seguito costruita la prima chiesa, dedicata a San Leone Magno, e in seguito la chiesa attuale dedicata a San Lazzaro.
  • 1300: venne costruito un lazzaretto.
  • Prima metà del ‘500: il Senato della Repubblica vi trasferì i poveri della città, dato che i lebbrosi ospitati si erano ridotti a poche unità. Quando poi i poveri furono trasferiti a San Zanipolo a Venezia, vicino all’attuale Ospedale Civile, l’isola fu abbandonata.
  • Nei secoli successivi: comunità di religiosi vi soggiornarono per brevi periodi.
  • 1717: finalmente un nobile monaco armeno, Mechitar (che significa il “consolatore”), fondatore poi dell’Ordine dei Padri Armeni Mekhitaristi, chiede di potersi stabilire con i suoi 17 monaci (tutti fuggiti dalla persecuzione turca che imperversava ad Istanbul), con l’intento futuro di ospitare gli esuli armeni.

Un melograno, albero nazionale armeno, sarà il primo incontro quando si esce dall’imbarcadero.

Nella parte nord dell’isola si possono ammirare i bellissimi giardini che conducono ad un piccolo cimitero delimitato da file di cipressi, ulivi e cedri. Un sentiero che costeggia il muro di cinta riserva in lontananza, da un’angolazione poco conosciuta al turismo di massa, un’indimenticabile vista del bacino di San Marco. Nella parte meridionale filari di pini riparano dal vento della laguna le preziose aiuole di rose che i monaci coltivano gelosamente e il loro intenso profumo inebrierà il visitatore. Quello che più emozionerà in questo magico luogo, dove si percepisce il respiro dei secoli, sarà l’ospitalità e la simpatia con cui i monaci accolgono i visitatori, accompagnandoli alla scoperta dell’isola, dei suoi tesori e della storia del loro popolo, fornendo tutte le spiegazioni alle domande che saranno rivolte.

Alla fine della visita non resta che portare nelle proprie case un ricordo di questo splendido luogo, come ad esempio un vasetto della deliziosa e profumatissima marmellata di petali di rosa, colti al sorgere del sole, come vuole la tradizione, preparata dai monaci stessi: un piccolo, dolce assaggio del profumato e prezioso oriente.

La messa con rito cattolico armeno si celebra ogni domenica alle ore 11.00.

Mechitar:

Mechitar fece riedificare la chiesa e il convento, ingrandì di quattro volte l’isola fino agli attuali 3 ettari, raccolse importanti opere della cultura armena, tradusse in armeno moltissimi libri di scienza, letteratura, archeologia e religione. Nel 1798 viene fondato un centro poligrafico per stampare tutte queste opere soggette a traduzione, centro che per fortuna riuscì a sfuggire all’azione distruttrice anticlericale di Napoleone, poiché il centro grafico fu considerato “accademia letteraria”.

Cosa si può visitare:

  • La chiesa: in stile gotico, ricostruita nel XIX secolo, a tre navate, con abside decorata a mosaico, nella quale si svolgono suggestive cerimonie religiose; da visitare il chiostro rinascimentale con porticato.
  • Il monastero: edificato nel XVIII secolo, dove una lapide ricorda il poeta e politico inglese Lord Byron, amico del popolo armeno. Lord Byron, che soggiornò in quest’oasi di pace e qui studiò la lingua armena collaborando alla stesura di una grammatica per gli studiosi inglesi, viene ricordato in una mostra permanente.
  • Il museo: dove sono conservati reperti raccolti dai monaci o ricevuti come regali nel corso dei secoli. Si contano oltre 4.000 manoscritti armeni che vanno dal VI al XVIII secolo (la più importante e ricca collezione di manoscritti armeni dell’occidente) e molti manufatti arabi, indiani ed egiziani, tra cui la curiosa mummia di Nehmeket del 1000 a.C..
  • La pinacoteca: raccoglie opere di scuola veneta e armena del XVII e XVIII secolo. Si possono ammirare opere di Palma il Giovane e un bellissimo affresco del Tiepolo.
  • La biblioteca: contenente circa 200.000 volumi ! Pare che in un’ala segreta della biblioteca si trovi la più grande raccolta al mondo di testi di magia nera: addirittura si favoleggia che alcuni tomi sarebbero rilegati con pelle umana.

Per chi volesse visitare questo splendore ecco gli orari dei battelli. Si ricorda che c’è una sola visita guidata al giorno, che si svolge alle ore 15:00, in coincidenza con l’arrivo del vaporetto che lascia San Zaccaria alle 14:30.

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L’orto di fronte al mare: Sant’Erasmo

La cosiddetta “Venezia minore” possiede un fascino che, specialmente per chi conosce più in profondità la storia della “Serenissima Repubblica”, spesso supera quello assaporato da immagini forse troppo note e ripetutamente osservate in testi, quadri, guide turistiche. Pur riconoscendo che l’impatto reale con una piazza San Marco o una Punta della Dogana, come d’altronde con un’opera pittorica prima solo veduta stampata in un libro, crea un’emozione indimenticabile, sono più semplici, pure ed incontaminate le sensazioni che si provano nel visitare luoghi meno noti al turismo, ma palpitanti di antiche memorie, circondati da specchi d’acqua dove pare che il tempo si sia fermato. Qui l’angolazione da cui si osservano sulla linea dell’orizzonte i profili di palazzi, guglie e campanili veneziani rappresenta una novità assoluta per gli amanti della fotografia e per percepire in prospettiva diversa il respiro profondo dei secoli della storia.

Le isole minori della laguna di Venezia ci offrono tutte queste emozioni. Alcune purtroppo lasciate  all’incuria e alla distruzione del tempo, altre recuperate e fatte rivivere anche con caratteristiche totalmente diverse da quelle originali, altre intatte e con al loro interno inestimabili valori storici ed artistici. E’ splendido immaginare come queste isole che fanno da contorno alla Regina dell’Adriatico un tempo fossero tutte popolate e brulicanti di vita e di barche, cariche di storia e tradizioni.

Cominciamo allora a conoscere meglio quelle meno note ed iniziamo con l’isola di Sant’Erasmo.

Quest’isola si trova nel tratto di laguna a nord di Venezia, al centro di un ideale triangolo formato dalle isole di Murano e Burano e dal litorale di Punta Sabbioni. E’ interessante rilevare il fatto che, anticamente, l’isola si affacciava direttamente sul Mare Adriatico e che, solo con la costruzione della diga nord del Lido di Venezia, si ritrovò in acque interamente lagunari. Fu popolata inizialmente dai fuggiaschi dell’entroterra, specialmente dagli abitanti di Altino. Una leggenda racconta che, durante la costruzione della chiesa, sarebbe stata miracolosamente rinvenuta una grande quantità d’oro. Quando era doge Paoluccio Anafesto era chiamata Pineta Maggiore, in riferimento alle selve citate in un documento del 1455 che decretava aspre sanzioni contro chi le avesse danneggiate. Nel 792 vi fu fondata una chiesa (consacrata ai SS. Martiri Erme ed Erasmo) sul sito di un preesistente luogo di eremitaggio, chiesa che venne restaurata nel XII secolo. L’isola geologicamente si ampliò quando il livello del mare, che si abbassava da decenni progressivamente, unì i vari affioramenti di modesta estensione che componevano il primo litorale. Verso la metà del XIII secolo la formazione dell’isola doveva essere oramai completata.

Durante la guerra di Chioggia fu occupata per breve tempo dai Genovesi e nello stesso periodo fu usata come cimitero per i morti della peste del 1348.
In seguito ebbe un periodo di fiorente sviluppo (gli archivi ricordano la presenza di alcuni mulini a vento), ma nel XVI secolo l’isola, in parte abbandonata in seguito ad un’epidemia, aveva oramai un connotato decisamente agricolo.

Nel 1820 venne intrapresa una politica di ripopolamento che portò Sant’Erasmo alle attuali condizioni. Sempre nell’Ottocento furono potenziate le già esistenti fortificazioni con la costruzione del Forte di Sant’Erasmo e dell’annessa Torre Massimiliana, massiccia fortificazione asburgica iniziata dai francesi e rifugio dell’imperatore Massimiliano durante le insurrezioni del 1848. Ora è stata completamente recuperata e risanata dal Magistrato alle Acque di Venezia.
L’attuale chiesa, fu costruita nel 1929 sui precedenti fondazioni.

Il Carciofo di Sant’Erasmo:

In provincia di Venezia sono coltivate due varietà di carciofo: il “Violetto di Chioggia” e il “Violetto di Sant’Erasmo”.
Da secoli ormai, in laguna di Venezia in particolare a Sant’Erasmo, Vignole, Lio Piccolo, Malamocco, Mazzorbo, si producono carciofi di grande qualità, frutto del lavoro e della tenacia di agricoltori, che a dispetto delle mode del mercato globale, riescono a conservare antichi sapori.
Questa tradizione permane soprattutto a Sant’Erasmo, i cui terreni, consentono la coltivazione di verdure saporite tra le quali il carciofo violetto cha ha preso il nome proprio da quest’isola.
Tenero, carnoso, poco spinoso e di forma allungata, il carciofo di Sant’Erasmo ha le brattee color violetto cupo, che racchiudono un cuore dal gusto inconfondibile.
A Sant’Erasmo i primi carciofi vengono raccolti verso inizio di aprile. Questi carciofi, che vedono letteralmente impazzire i veri intenditori, sono le “castraure”, cioè il frutto apicale della pianta di carciofo che viene tagliato per primo in modo da permettere lo sviluppo di altri 18-20 carciofi laterali (botoli) altrettanto teneri e gustosi. Le castraure sono famose per il loro gusto unico e particolare, un carciofo tenerissimo che è un insieme di sapori, dal leggero sapore amarognolo, che ne esaltano l’inestimabile valore organolettico.

Consigli utili:

  • Da Portogruaro recarsi a Punta Sabbioni, dopo aver superato Jesolo. Da lì partono i vaporetti della linea ACTV che traghettano verso Sant’Erasmo. E’ molto bello passeggiare per l’isola a piedi o in bicicletta.
  • Percorso: dal pontile ACTV di S.Erasmo-Capannone si prende la carrareccia diretta a sud e la si segue compiendo il periplo costiero dell’isola.
  • Lunghezza: 9 Km
  • Tempo di percorrenza: 3 ore (escluse le soste)
  • Viabilità: il percorso si svolge per circa quattro chilometri su strada asfaltata e per i rimanenti cinque su stradine bianche o sterrate.
  • Punti d’appoggio: sull’isola è presente un solo negozio di alimentari presso il centro abitato. In caso di emergenza ci si può rivolgere alle numerose abitazioni private.
  • Ristorante: Ristorante Vignotto
  • Indirizzo: Isola di Sant’Erasmo, 71 logo, Sant’Erasmo
  • Città, provincia e CAP: Venezia (VE) – 30141
  • Telefono: 041-2444000 – Fax: 041-8109929
  • Periodo consigliato: da aprile a ottobre
  • Abbigliamento: adeguato alla stagione; il clima può essere caldo afoso nei mesi estivi o ventilato nelle stagioni intermedie. Si consigliano buone calzature.
  • Avvertenze: all’arrivo verificare gli orari del vaporetto per ripartire; rispettare le colture e le proprietà private. Nei giorni festivi dell’estate l’isola viene raggiunta da numerosi bagnanti che frequentano la spiaggia.

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