A Padova, dal 20 gennaio al 27 maggio 2007, per iniziativa della Fondazione Bano, Palazzo Zabarella propone “DE CHIRICO”. Prima di entrare nei dettagli della mostra però bisogna chiedersi: chi era Giorgio De Chirico? Questo artista fu sicuramente il più importante esponente della Pittura Metafisica. La Metafisica nasce nel 1917 attraverso l’incontro di De Chirico con Carlo Carrà, in precedenza esponente del movimento futurista. Per Metafisica Giorgio De Chirico intendeva l’allusione a una realtà diversa, che va oltre quello che vediamo, i contenuti di un dipinto infatti devono andare al di là della realtà, cioè oltre natura e questo modo di pensare è ben spiegato dalla sua frase “Bisogna dipingere ciò che non si vede”.
Può essere metafisico tutto quello che è estraneo alla logica ambientale in cui siamo abituati a vederlo, in pratica un qualsiasi oggetto isolato dal contesto in cui solitamente si trova e inserito in un altro. Questo crea in noi inquietudine, angoscia, quasi un senso di paura, perché tutto sembra insolito, inaspettato, a- logico. Elemento fondamentale per creare questa sensazione di inquietudine è il disegno che per questo artista ha sempre costituito un fattore idealizzante della realtà poiché gli oggetti totalmente incongrui rispetto al contesto vengono rappresentati con una minuzia ossessiva, una definizione tanto precisa da sortire un effetto contrario a quello del realismo.
Per comprendere meglio questo spirito è bene analizzare un’opera di questo artista, che è presente in mostra, che si intitola Ettore e Andromaca. In questo quadro tutto è statico, sospeso; quello rappresentato è un luogo sognato, solo apparentemente reale, dove tutto è immobilizzato. In questo luogo no possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che degli uomini hanno l’aspetto ma non l’essenza. In questo luogo no possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che degli uomini hanno l’aspetto ma non l’essenza. I manichini molti presenti nei quadri di De Chirico infatti sono solo figure geometriche astratte. Il percorso si articolerà dunque in diverse sezioni corrispondenti ai vari “momenti” artistici di de Chirico.
Dalle prime opere simboliste si arriva fino alla scoperta delle piazze e delle torri, architetture dell’invisibile e dell’infinito, tra il 1909 e il 1913, per approdare nel 1914 a quella che l’artista chiamava “la solitudine dei segni” ovvero la metafisica che dal 1914 al 1918, avrà il suo pieno sviluppo di cui fa parte il quadro “Ettore ed Andromaca”.
Poi vi è una svolta nel primo dopoguerra, infatti, nel 1919, dato lo scarso riconoscimento critico riservatogli in Italia, mentre in Europa e in particolare a Parigi si guardava alla sua pittura metafisica come a un punto di riferimento, de Chirico sorprende tutti tornando a forme di rivisitazione classica. E’ l’epoca dei grandi quadri allegorici conosciuti col nome di “Ville Romane”, delle nature morte e degli autoritratti pieni di metafore e di simboli.
Il rientro a Parigi, alla fine del ‘25, comporta un ritorno alla metafisica. In realtà de Chirico rimane legato a una sua visione del mondo basata sulla nostalgia del classico, ma concepita in pieno spirito di modernità. A questo periodo, che dura fino alla fine del 1929, appartiene gladiatori.
Gli anni ’30 segnano una crisi e vedono il Maestro in bilico tra naturalismo e metafisica. È il periodo dei famosi “Bagni Misteriosi”.
La svolta verso un ridondante gusto “Barocco”, che si manifesta nella pittura di de Chirico a partire dal suo rientro dal lungo viaggio in America (agosto 1936 – gennaio 1938) sarà rappresentata, per decisione dei curatori, solo da un’ampia selezione di autoritratti.
La mostra si concluderà con una scelta di opere neo-metafisiche, nelle quali il vecchio pittore, dopo la metà degli anni ’60, rivisita figure e temi del suo passato.
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