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Recenti sviluppi demografici ed economici nel Veneto Orientale

Nel primo decennio di questo millennio, il territorio del Veneto Orientale ha conosciuto una nuova fase di espansione significativa della popolazione. I Comuni che sono stati interessati dalla dinamica più intensa di crescita demografica sono Ceggia, Pramaggiore, Noventa di  Piave, Annone Veneto, San Donà di Piave. Hanno un tratto evidente che li accomuna: si tratta sempre di Comuni posti nella parte nord dell’area, al confine con le aree industrializzate del trevigiano e del pordenonese. Il litorale, con i Comuni di San Michele, Caorle, Eraclea e Iesolo, non ha evidenziato una dinamica differenziata o trainante. I luoghi del turismo non hanno espresso una capacità attrattiva, per gli insediamenti stabili, più accentuata rispetto alla media dell’area.

Tab. 1 – Popolazione residente a fine anno nei comuni del Veneto Orientale:
TOTALE RESIDENTI DI CUI STRANIERI
1981 1991 2001 2009 2001 2009
Annone Veneto 3.309 3.237 3.490 3.961 139 578
Caorle 11.485 11.129 11.342 12.016 350 972
Cinto Caomaggiore 3.129 3.130 3.168 3.299 55 255
Concordia Sagittaria 10.373 10.550 10.492 10.684 106 443
Fossalta di Portogruaro 5.649 5.691 5.843 6.051 45 309
Gruaro 2.762 2.698 2.690 2.823 36 148
Portogruaro 24.412 24.733 24.571 25.406 318 1.728
Pramaggiore 3.298 3.473 3.985 4.710 121 718
San Michele al Tagliamento 11.956 11.887 11.441 12.040 249 897
Santo Stino di Livenza 11.165 11.464 11.763 13.027 186 1.294
Teglio Veneto 2.040 1.962 1.979 2.297 13 121
Tot. Portogruarese 89.578 89.954 90.764 96.314 1.618 7.463
Ceggia 5.086 5.011 5.096 6.201 127 669
Eraclea 11.462 11.838 12.460 12.844 230 885
Fossalta di Piave 3.746 3.820 4.022 4.247 105 416
Jesolo 22.018 22.146 22.698 25.232 710 2.615
Meolo 5.115 5.262 6.054 6.476 125 655
Musile di Piave 9.494 9.732 10.249 11.504 188 1.308
Noventa di Piave 5.349 5.728 5.952 6.721 192 805
San Donà di Piave 32.009 33.406 35.417 41.247 741 4.349
Torre di Mosto 3.735 3.780 4.302 4.743 76 325
Tot. Sandonatese 98.014 100.723 106.250 119.215 2.494 12.027
Provincia di Venezia 838.199 819.607 809.586 858.915 13.888 69.976
Veneto 4.343.283 4.379.932 4.527.694 4.912.438 141.160 480.616
Fonte: elab. Veneto Lavoro su dati Istat-www.demo.istat.it

Negli ultimi 10 anni la popolazione del territorio è cresciuta di circa 5.000 abitanti nel Portogruarese e di circa 13.000 nel Sandonatese. E’ particolarmente interessante analizzare la quota di tale crescita attribuibile agli stranieri. Risulta evidente che molti Comuni, senza l’apporto degli stranieri, sarebbero diminuiti nel numero di abitanti. E in ogni caso la quota preponderante della crescita della popolazione è determinata dagli stranieri: uniche eccezioni sono Ceggia e Teglio Veneto, con una crescita della componente italiana superiore al 50% del totale.
Questo trend di incremento degli stranieri è del tutto analogo a quanto accaduto nel contesto regionale più ampio: la forte crescita demografica è stata ovunque determinata dalle immigrazioni dall’estero, non dalla ripresa della fecondità né da consistenti fenomeni di attrazione da altre aree regionali o nazionali. Anche la precedente fase di forte crescita demografica, quella degli anni ’30 attivata dall’antropizzazione delle aree bonificate, era stata guidata dalle immigrazioni ma in quel caso si trattava soprattutto di lavoratori vicentini o padovani.

Queste tendenze demografiche espansive si scontrano ora con l’impatto della  crisi economica attivata nel 2007, esplosa nel 2008 e tuttora in corso, con prospettive di superamento non certo a breve. La fase di crisi sta avendo anche l’effetto di “raffreddare”, almeno in parte, la dinamica di crescita della popolazione. I vantaggi localizzativi e le opportunità residenziali possono ancora essere attraenti ma si sono rarefatte le possibilità occupazionali.
Il nostro territorio, non avendo un grande tessuto produttivo industriale (anche se ha subito comunque alcune chiusure aziendali importanti: Zignago in primis) è stato raggiunto dall’onda delle difficoltà economiche a trovare sbocchi per le merci prodotte in maniera indiretta e ritardata. Ma comunque i segni delle difficoltà sono ben visibili: secondo i dati dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, nel 2009 e 2010 si sono registrate mediamente circa 3.000 assunzioni in meno rispetto al 2007. Infatti da oltre 24.000 si è scesi a circa 21.000. In particolare si sono ridotte le assunzioni nell’industria (da 3.400 a 1.500) e nelle costruzioni (da 1.500 a 900). Più in generale si sono ridotte le assunzioni “importanti” da parte delle imprese e delle istituzioni pubbliche, quelle a tempo indeterminato e quindi con le maggiori potenzialità di durata e di stabilizzazione: da circa 3.700 nel 2007 a 1.500 nel 2010.
Rimane certo ancora consistente (per fortuna) lo sbocco assicurato dal lavoro stagionale nel turismo: anche nel 2009 e nel 2010 le assunzioni a tempo determinato e con contratti di somministrazione sono state più di 16.000, concentrate soprattutto nei comparti dei servizi collegati all’ospitalità (ricezione, ristorazione etc.). Ma è evidente che ciò non è sufficiente a porre su basi solide le prospettive future del territorio.
Infatti non c’è dubbio che le “vocazioni” del Veneto Orientale restano “vocazioni difficili” da sviluppare, e tanto più lo sono in un contesto economico generale contrassegnato dall’incertezza su scala globale e dalle difficoltà di finanza pubblica su scala nazionale. La pressione esterna, la ricollocazione geopolitica – con gli impatti che ne discendono in termini di attraversamenti Est-Ovest – nonché le politiche in atto nel settore dei trasporti spingono ad un’assimilazione crescente della nostra area con  le forme insediative della “città diffusa” ad intensificata antropizzazione.

Può tutto questo essere declinato in modo virtuoso, con una differenziazione delle funzioni territoriali in grado di salvaguardare le specificità locali pur riconoscendone le potenzialità di sviluppo (in primis l’ambiente che ha regalato al Veneto Orientale l’opportunità di avere 2,5 ml. di turisti all’anno con 16 ml. di presenze, vale a dire qualcosa attorno al 30% delle presenze totali registrate in Veneto)? E’ la strada auspicabile ma non certamente la più facile né la più ovvia.

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Tab. 1 – Popolazione residente a fine anno nei comuni del Veneto Orientale:

TOTALE RESIDENTI

DI CUI STRANIERI

1981

1991

2001

2009

2001

2009

Annone Veneto

3.309

3.237

3.490

3.961

139

578

Caorle

11.485

11.129

11.342

12.016

350

972

Cinto Caomaggiore

3.129

3.130

3.168

3.299

55

255

Concordia Sagittaria

10.373

10.550

10.492

10.684

106

443

Fossalta di Portogruaro

5.649

5.691

5.843

6.051

45

309

Gruaro

2.762

2.698

2.690

2.823

36

148

Portogruaro

24.412

24.733

24.571

25.406

318

1.728

Pramaggiore

3.298

3.473

3.985

4.710

121

718

San Michele al Tagliamento

11.956

11.887

11.441

12.040

249

897

Santo Stino di Livenza

11.165

11.464

11.763

13.027

186

1.294

Teglio Veneto

2.040

1.962

1.979

2.297

13

121

Tot. Portogruarese

89.578

89.954

90.764

96.314

1.618

7.463

Ceggia

5.086

5.011

5.096

6.201

127

669

Eraclea

11.462

11.838

12.460

12.844

230

885

Fossalta di Piave

3.746

3.820

4.022

4.247

105

416

Jesolo

22.018

22.146

22.698

25.232

710

2.615

Meolo

5.115

5.262

6.054

6.476

125

655

Musile di Piave

9.494

9.732

10.249

11.504

188

1.308

Noventa di Piave

5.349

5.728

5.952

6.721

192

805

San Donà di Piave

32.009

33.406

35.417

41.247

741

4.349

Torre di Mosto

3.735

3.780

4.302

4.743

76

325

Tot. Sandonatese

98.014

100.723

106.250

119.215

2.494

12.027

Provincia di Venezia

838.199

819.607

809.586

858.915

13.888

69.976

Veneto

4.343.283

4.379.932

4.527.694

4.912.438

141.160

480.616

Fonte: elab. Veneto Lavoro su dati Istat-www.demo.istat.it

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Questi anni difficili

La nostra economia è così legata al mondo che non poteva non essere pesantemente coinvolta da quanto accaduto nel 2008 con la crisi finanziaria  e la conseguente caduta della domanda globale (crollo del commercio internazionale, riduzione della produzione), già fiaccata, tra il 2007 e il 2008, dalla crescita vertiginosa dei prezzi delle materie prime.

E’ sufficiente ricordare, per aver un’idea della forza di questi legami, che circa 1/3 di quello che in Italia produciamo viene esportato e, d’altro canto, circa un terzo di quello che utilizziamo per consumi e investimenti viene comprato all’estero (dati Istat, contabilità economica nazionale). E’ come dire che su un ipotetico salario medio di 1.500 euro, 500 dipendono dalla domanda estera di nostri prodotti, e – corrispondentemente – circa 500 euro di quel salario saranno spesi per comprare prodotti e servizi costruiti e pensati all’estero.

La crisi partita da Wall Street è perciò arrivata in pieno e velocemente anche all’economia delle nostre piccole imprese, dei nostri distretti industriali, attraverso le “cinghie di trasmissione”. La prima cinghia è stata la riduzione degli sbocchi per le nostre esportazioni. Veneto e Friuli insieme hanno esportato per 24 miliardi nei primi 6 mesi del 2009 contro i 30 miliardi realizzati nei primi sei mesi del 2008: – 20% (dati Istat, contabilità economica regionale). A funzionare da seconda cinghia sono state le difficoltà di accesso al credito e il mutamento delle aspettative degli imprenditori (che hanno molta meno voglia di investire): ciò ha determinato un forte calo negli investimenti e quindi nella domanda di beni intermedi (da qui la crisi di molte piccole imprese del settore meccanico). Infine anche le imprese che producono per il mercato finale, vale a dire per i consumi finali delle famiglie, hanno dovuto fare i conti con la loro minor capacità di spesa, provocata sia dalla contrazione dei redditi di quelle famiglie (non poche) che hanno dovuto fare i conti con la perdita del lavoro per uno o più dei loro membri, sia dalla diffusione di un clima di preoccupazione per il futuro che ha indotto in molti a preferire il risparmio. Meno export, meno investimenti, meno consumi, vuol dire alla fine meno occupazione.

Rispetto ai livelli complessivi pre-crisi si può stimare che in Veneto e Friuli siano stati cancellati almeno 70-80.000 posti di lavoro, ma solo a fine anno sarà possibile tracciare un bilancio compiuto e sarà assai probabilmente peggiore rispetto a queste stime parziali. Di certo sono stati colpiti, soprattutto nella prima fase, i posti di lavoro nel settore industriale (manifattura e costruzioni): quindi lavoratori maschi e spesso stranieri. Sono aumentati i licenziamenti: nei primi 9 mesi del 2009 oltre 30.000 sono risultati i lavoratori interessati in Veneto e Friuli da un licenziamento (individuale o collettivo) e perciò inseriti nelle apposite “liste di mobilità”: più del doppio rispetto all’anno precedente.
Sono aumentate le sospensioni: nessuno sa di preciso quanti lavoratori in Veneto e Friuli siano stati collocati, per periodi più o meno lunghi, in cassa integrazione, ma si può azzardare una stima, per il 2009, di almeno 100.000 persone (dati Veneto Lavoro).