Sono stati una passeggiata a Venezia all’isola di San Lazzaro e la lettura del libro “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan a spingerci a vistare il paese delle pietre urlanti, come definisce l’Armenia il poeta russo Osip Mandel’stam.
Siamo partiti dall’aeroporto di Venezia e via Roma siamo arrivati a Yerevan, grande il nostro stupore nello scoprire che l’aereo era piccolissimo, come del resto è piccolissimo questo paese di circa 30.000 chilometri quadrati collocato sotto il Caucaso confinante con la Turchia, la Georgia, la Russia, l’Azerbeigian e l’Iran. L’Armenia attuale infatti, non è che una minima parte dell’antico regno armeno di Cilicia posto tra i tre laghi di Van, Sevan e Urmia ed esteso per oltre 300.000 chilometri quadrati. Questa posizione geografica ha reso l’Armenia un reale punto di incontro fra oriente e occidente attraverso una fitta rete di relazioni commerciali culturali e religiose.
È’ definito “Il paese delle pietre urlanti” per il triste destino di questo popolo così segnato da una storia antica e dolorosa, qui nacque e diventò religione di stato nel 301 d.c. il cristianesimo apostolico 79 anni prima dell’impero romano e qui gli armeni, che vivono nel mondo, un giorno sperano di poter tornare. Sperano di poter tornare in questa piccolissima terra che per loro non è uno stato ma il paese dell’anima dove placare i dolori di una tragica storia che li vide prima sotto il periodo ottomano, poi nel 1915 subire la persecuzione, l’uccisione, la morte per stenti. Un milione e mezzo di armeni morirono e cinque milioni lasciarono il paese per mano dei turchi che per scopi territoriali distrussero e annientarono un popolo e di cui mai ammisero il genocidio.
L’Armenia odierna è un altopiano, con un’altitudine fra i 2000 e 3000 metri, con catene di origine vulcanica, tra cui spicca l’Agri dag che in turco significa la montagna del dolore, il biblico monte Ararat che con la sua altezza di 5137 metri coperto di nevi perenni, rappresenta, seppur in territorio turco, la montagna sacra armena dove l’arca d Noè si arenò dopo il diluvio universale. Gli armeni si reputano discendenti diretti di Noè grazie al pronipote Haik, da cui il nome originario del paese Hayastan, (“la terra di Haik”).
Ai piedi della montagna sacra si trova uno dei monasteri più suggestivi e più fotografati d’Armenia: Khor Virap, posto a 300 mt di distanza dal confine turco dove sentiamo, ironia, il nitido richiamo del muezzin, alla moschea, cristiani e musulmani, gli uni accanto agli altri, cosi lontani e cosi vicini. La pianura intorno è fertilissima e tutta la coltivazione è dominata da frutteti, soprattutto albicocchi. Il paesaggio e la vista sono particolarmente suggestivi. Il Monastero è un famoso luogo di pellegrinaggio: S.Gregorio “l’illuminatore” il Santo che fece convertire gli armeni fu qui imprigionato per tredici anni, all’interno di un pozzo, scavato nella roccia. Decidiamo di calarci anche noi, il passaggio è strettissimo e una piccola scala di ferro ci permette di scendere giù, in fondo al pozzo c’è un piccolo altare in pietra e due giovani che stanno pregando.