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Laboratori didattici a “In Hoc Signo”

Dopo aver parlato di chiese o musei in questo articolo vorrei soffermarmi su di una mostra, che in questo periodo (dal 4 aprile al 31 agosto 2006) si sta svolgendo tra Portogruaro e Pordenone, dal titolo “In hoc signo il tesoro delle croci”. Il tema, come si può intuire dal titolo, è la raffigurazione del simbolo della croce, in tutte le sue accezioni.

A Portogruaro sono esposti i reperti più antichi, che hanno datazione dal ‘400 al 1500, che si possono vedere alla chiesa di San Luigi e Cristoforo e anche una sezione dedicata all’arte contemporanea, ospitata ai Mulini. A Pordenone, presso l’ex convento di San Francesco, invece si trovano gli oggetti che hanno datazione dal 1400 al 1800; e alla sala espositiva della Provincia c’è una sezione dedicata alla trattazione fotografica del tema; qui è visibile una fotografia di Claude Andreini, nostro socio.

In questo caso però non è mia intenzione spiegarvi cosa potete trovare in questa mostra o i motivi per cui può essere interessante visitarla; scelgo infatti di soffermarmi su di un aspetto un po’ particolare legato a questa manifestazione: le visite guidate animate e i laboratori didattici, organizzati per i ragazzi delle scuole elementari e medie.

Queste attività si svolgono sia a Portogruaro che a Pordenone e hanno la durata di circa un’ora e mezza: metà del tempo viene dedicata alla visita guidata e il restante tempo al laboratorio.

Ci si può chiedere perché abbia messo accanto alla parola visita guidata l’aggettivo animata; questa scelta è facile da spiegare poiché questo tipo di visita non consiste nella solita spiegazione degli oggetti esposti che, data l’età del pubblico a cui ci si rivolge, potrebbe risultare noiosa; ma nella conoscenza degli oggetti attraverso il gioco. Gli organizzatori hanno puntato molto sul coinvolgimento dei ragazzi, scegliendo le opere che potessero avere degli aspetti curiosi e divertenti, cercando però di far loro comprendere l’importanza di quello che stavano osservando; in particolar modo, si è cercato di spiegare il significato di alcuni termini (ad esempio reliquiario, croce astile stauroteca) che magari non sono di così facile comprensione, il tutto sempre tramite il gioco.

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Il Battistero della Chiesa di San Giusto a Gruaro

Lo scopo di questi miei articoli è quello di far conoscere attraverso le testimonianze artistiche, il nostro territorio e poichè penso sia giusto che ogni persona inizi prima di tutto a conoscere il paese in cui vive, ho pensato di analizzare questa volta la Chiesa di San Giusto a Gruaro e di soffermarmi in particolare sul battistero, manufatto ligneo che racchiude il fonte battesimale. Esso è stato eseguito da artisti della cerchia di Pomponio Amalteo; alla stessa scuola appartengono anche gli affreschi della facciata della chiesa.

La parte centrale del battistero è suddivisa in tre parti.

Quella centrale è occupata da raffigurazioni sacre inserite in ovali, delimitate da decori dorati, ottenuti usando la tecnica della doratura, che consiste nello stendere una preparazione a cui viene fatta aderire una sottilissima lamina d’oro. In ognuno degli ovali sono rappresentate immagini sacre (il S. Giovanni, S. Paolo, S. Pietro e S. Filippo), fra cui spicca il Redentore, posto, come nella maggior parte dei casi, nella parte frontale del manufatto, per dargli maggiore rilievo, raffigurato con una sfera, il mondo, con una croce sopra.

La seconda parte è la fascia che sta sopra le raffigurazioni precedenti e ripropone la stessa decorazione dorata.

Le figure dipinte in questo battistero sono verosimili e di buona fattura e risultano essere in uno spazio indipendente a cui la struttura del battistero fa da cornice.

La terza parte è la copertura, su cui poggia la statua di San Giovanni Battista, non originale.

Spero che queste mie poche informazioni possano suscitare l’interesse di qualcuno su questo battistero che, secondo me, merita attenzione perché è davvero molto bello.

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Un museo: la galleria Guggenheim

Affacciandosi dal ponte dell’Accademia, sul Canal Grande, si può notare una facciata incompiuta. Questa appartiene a Palazzo Venier dei Leoni, che fu l’abitazione di Peggy Guggenheim. Questa donna è sempre stata vicina al mondo dell’arte stringendo, fin da quando era ventenne e lavorava in una libreria di New York, molte conoscenze con esponenti del mondo artistico. Altre amicizie, come quelle con Costantine Brancusi e Marcel Duchamp, iniziano invece quando si stabilisce in Europa nel 1921 e dureranno per tutta la vita. Il suo interesse per l’arte diventa sempre più forte quando apre una galleria d’arte nel 1937 “Guggenheim jeune” e poi un museo d’arte moderna a Londra. Nel 1942 apre a New york la propria galleria-museo “Art of This Century”. La collezione veneziana, oggi di proprietà della Fondazione Solomon R. Guggenheim, è secondo me importante da visitare perché ci permette di ripercorrere i maggiori movimenti e periodi dell’avanguardia, Cubismo (Orfismo, Purismo), Futurismo, Astrattismo europeo (Kandinsky, De Stijl, Suprematismo, Costruttivismo), Surrealismo, Dadaismo; e ammirare opere di Klee, Chagall e dei Metafisici, lavori precursori dell’Espressionismo Astratto, testimonianze di scultura europea (Brancusi, Giacometti, Arp, Calder, Moore), ed arte del dopoguerra. Quello che stupisce di questa collezione è la modernità di Peggy Guggenheim che riesce ad anticipare concezioni artistiche che verranno capite e accettate molto dopo, come accade con Pollock, che deve la propria carriera e il proprio successo in gran parte alla generosità di Peggy e al suo appoggio. La collezione include anche una piccola raccolta di arte tribale dell’Africa e dell’Oceania. Ad arricchire vi sono le opere italiane della Collezione Gianni Mattioli (al Museo in qualità di prestito a lungo termine dal 1997) e i prestiti di scultura europea e americana del ventesimo secolo provenienti dalla Collezione Kasher (Ernst, Giacometti, Arp, Moore, Duchamp-Villon). Secondo me la visita di questo museo è davvero incantevole perché da la sensazione di entrare, non in un museo ma in una casa accogliente ed è interessante perché rappresenta un modo di avvicinarsi all’arte contemporanea in maniera quasi esaustiva. Quello che provo quando esco da questo palazzo è una sorta di invidia verso questa donna che è riuscita ad avere questi capolavori davanti agli occhi in casa sua.

Il quadro che più mi piace e stupisce è “L’impero delle luci” di Magritte in cui è dipinto un luogo notturno sotto un cielo chiaro come di giorno. Solo al secondo impatto lo spettatore si rende conto del surreale di questa scena così realistica. L’autore stesso dice descrivendo questo quadro: “Trovo che questa contemporaneità di giorno e di notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia” (Marcel Parquet, RENE’ MAGRITTE, 2001).

Altre informazioni: www.guggenheim-venice.it

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Paolo Caliari detto il Veronese

Dopo la mostra sul Veronese, tenutasi al Museo Correr, mi è venuta la curiosità di andare a visitare le opere che questo artista ha lasciato a Venezia. Tappa obbligata di questo tour è sicuramente la chiesa di San Sebastiano, uno dei più importanti luoghi dell’arte veneziana, riunendo il più straordinario corpus di opere di Paolo Caliari detto il Veronese. La sensazione che si prova entrando in questa chiesa è di dispersione perché lo sguardo si perde nell’osservare le molte opere presenti e non si sa davvero dove guardare, vista la bellezza di ciò che è conservato in questo edificio. L’intervento del Veronese, voluto dal Priore veronese frà Bernardo Torlioni, a cui spetta la concezione tematica dell’impresa intesa come allegoria del trionfo della fede sull’eresia, si articola in tre momenti, di cui il primo ha inizio nel 1555, ed ha per tema la decorazione del soffitto della sacrestia con Scene dell’Antico Testamento (Vergine Incoronata ed Evangelisti), a cui fa seguito la complessa decorazione del soffitto a cassettoni della chiesa, protrattasi fino al 1556 e ispirata al Libro di Ester (Ester incoronata da Assuero, Ester incontra Assuero e il Trionfo di Mardocheo).

Tra il 1558 e il 1559 Veronese realizza il secondo intervento, decorando con affreschi la parte superiore della navata centrale (Padri della Chiesa, Profeti, Sibille e personaggi biblici) e il coro dei frati (episodi della Vita di San Sebastiano) e realizzando le portelle d’organo e il parapetto (Presentazione di Gesù al Tempio, Piscina Probatica e Natività). L’ultimo intervento risale infine al periodo 1565-70, con l’esecuzione della grande pala d’altare con la Madonna in gloria con San Sebastiano e altri santi e dei due teleri laterali del presbiterio raffiguranti i Santi Marco e Marcellino condotti al martirio e il Martirio di San Sebastiano. La chiesa conserva anche le spoglie del Veronese (a sinistra del presbiterio).

Prendendo in considerazione una parte della decorazione del soffitto dipinto dall’artista, cioè Ester incoronata Da Assuero, mi sono posta il problema di capire quale sia il suo stile e che cosa accomuni tutta la sua attività. Quest’opera che, essendo, come già detto, dipinta per il soffitto della Navata, deve tener conto della posizione elevata, dell’ampiezza del luogo e della distanza dallo spettatore. Questi fatti portano ad un accentramento di quelle caratteristiche già presenti in Veronese: la monumentalità e la ricerca dello scorcio particolare.

Una costante di questo pittore è inoltre l’uso dei colori complementari, che accostati, pur restando distinti, generano l’equivalente della luce bianca, determinando un’intesa luminosità chiara.

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