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Ernesto Calzavara

Te si dentro

Te si dentro e no te trovo
te si fora e no te trovo
te si da par tuto
fra tute le robe del mondo
le pigne le piaghe le stringhe le ongie
le franze che sponze
le pignate de marenghi remenghi
le patate sgionfe de sono
e me poro nono

e no te trovo.

Ti che te si
fra mi e mi
no te vedo no te trovo
no te trovo.

La scelta

Tra quel che xe fora e quel che xe drento
tra quel che xe nudo e quel che xe vestìo
tra quel che par e quel che xe
tra la màscara e el viso
tra el dir e el far
tra mi e no-mi
tra note e dì
te si ti
mente che trema
‘desso a decìdar

e se sbagli te mori.

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Per tutti gli alberi sacrificati per “sicurezza”…

L’olmo caduto

Chiunque avesse abbattuto l’olmo
Non lo aveva tagliato netto,
E sanguinò finché la neve dal cielo
Non sanò la ferita con una placenta d’argento

Il tronco, lucente di smalto di ghiaccio
Bianco venato come teca di cristallo,
Rigido giacque contro la nuova voce
Sibilata tra i denti invernali del vento.

Qualunque mai cosa scaldasse
L’olmo fino alle radici entro il suolo
Pietosa come la primavera
Scaldò il cuore del fusto

Legato al suo ceppo da un lembo
Di legno, quasi cordone d’ombelico,
Simile a madre che nutra il figliolo
Nel suo mondo d’embrione

Finché poté far breccia nel muro,
E s’aprì il varco, quando ogni irto ramo,
Germogli di foglie esplose, in verzura
Dalla coppa dell’olmo caduto.

da L. SALOMON, in “Poesia americana del’900”, Guanda

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Sandra Torresani

Nuvole disordinate

Nuvole disordinate
sono i pensieri
sillabe spezzate
il vento mette in fila
nuvole di canto
se sei il cielo
disteso nell’azzurro
completamente
bianco.

da “Con respiro lieve”

per Alda Merini

Crescono da sole
le figlie della notte
devo metterle al mondo

Ogni poeta lava
il suo pensiero, Mia Signora
e la mia acqua
è ancora così colorata….

da “Con respiro lieve”

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Mirco Stefanon

Le Baruffe Chiozzotte

Prima di salire
Sull’altare
Le dissi:
Sei così bella
Così carina
Che ti mangerei viva

Oggi
Mi pento
Di non averlo fatto

Quando lei
mi lasciò
Non la buttai sul patetico
La buttai
Dalla finestra

da “La posta in gioco” – Nuova Dimensione

Un Tecnico

Non avrei mai immaginato
Di ritrovarmi da solo con lei
Al buio
E nel silenzio più assoluto
A rubarci la stessa aria.
All’improvviso
Lei mi getta le braccia al collo
E mi sussurra piano
Di restare così
Per l’eternità.
Stavo per risponderle di sì
Quando mi salvò
un tecnico
Riparando il guasto
All’ascensore.

da “Chiuso per restauro” – Biblioteca Cominiana

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Lionello Fioretti

Il mulino scomparso di Stalis

Ormai il rovo e la vitalba
aggrediscono la pietra angolare,
lattine e membrane di politene
hanno singulti in una strozzatatura d’acque:
sarà possibile ancora uscire
nel focolare invernale del tramonto
quando una vampa tenta di lambire
fascine di frassini intorpiditi d’edera?
Sarà possibile nell’ora tumescente
dove i viottoli e le passerelle
scivolando incerti
conducono alla macina scomparsa della memoria
smascherare il vuoto
d’orma galleggiante
barca piatta di fiume
senza passeggeri e senza voci?
esiste già nei volti
la vertigine d’ombra
che davanti e dietro
accompagna il Lemene
che scorre senza bisbigli di rive.
A chi pagherò la tassa sul macinato
quale mugnaio abbagliante di bianco
farà riapparire in un lampo nel setaccio
gli sguardi che amammo?

Granello di farina
piuma di cincia
respiro affievolito
curva d’orbita galassia
ciglia di giunco
Vibratile nell’iride dell’acqua.

Lionello Fioretti

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Gilberta Antoniali

Grispis di mari

Tal musu dal spieli i viodi me mari:
grispis novis
e vui torgui.
Mi clama
mi tocia
si stravieia.
Dut ti fa crodi ca no sedi
E sì ti sos stada
flour e frutan……
Dopu lé scur

Mama

Flour spaurit
giardin sensa soreli
maravea distudada
rabiada cul mont
Combàti par nuia sensa capì.
Dislubiada di lavour
displaseis ingrandis tal sito.
Mans di pluma
ca sgualavin tala tela
ciamisutis cula puntina
e sovrapons ca no finivin mai.
Cussì tal freit
è sgualada la vita.

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Mentore Romani

Il verme

“Quel verme che osservo dal balcone strisciare per terra sotto gli occhi mi fa venire in mente la notizia, letta stamane sul giornale, del suicidio del famoso principe Lana.
Perchè il principe Lana che possedeva beni, cariche,amici, donne, si è suicidato, mentre i vermi e gli altri animali di infimo ordine, che fanno una vita così misera, non si suicidano? Forse perchè il principe Lama non era un verme?!
O perchè non voleva essere tale, mentre l’inesorabile legge della vita lo spingeva verso l’infimo ordine?!
(Ma ciò non è esatto, dato che il principe Lana non aveva dissesti).
O perchè la vita umana è in stato di involuzione, di generazione?!
(Ma allora cosa c’è di perfetto nella vita dei vermi, per doverli prendere a modello?)
Tutte queste, più che buone ragioni, soddisfacenti ed esaurienti, mi sembrano ipotesi.”

da “Meditazioni di un solitario” – Gastaldi, Milano, 1959

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Ce l’esi poesiis?

Ce scrivitu nona ?
Scrif poesiis
E ce l’esi poesiis?
Zin, zin, sot la lobia
a vede li sisilis ch’i
scrif poesiis…
(Rosanna Paroni Bertoia)

Una serata dedicata alla poesia e, in particolare, a quella dialettale ha bisogno di alcune precisazioni. Essa, innanzitutto non è fine a se stessa, ma nasce nell’ambito di quel percorso di valorizzazione del territorio che “La Ruota” si è proposta di realizzare anche se, apparentemente, ne rovescia la prospettiva. Infatti una scelta di questo genere può apparire, ad una analisi affrettata, azzardata, elitaria, difficile, punto d’arrivo non di partenza, ma noi siamo convinti che il linguaggio poetico, con la sua libertà, allusività e capacità di suscitare, in ognuno di noi, echi, sia pur diversi, può aiutarci a stabilire un sentire insieme, una sintonia,da cui prendere avvio per il nostro viaggio, che non vuole essere solo  emozionale, ma percorso di conoscenza e di consapevolezza. Non è poi estranea a questa nostra iniziativa, la riflessione sulla centralità che il fenomeno lingua riveste all’interno di una comunità, anche se, realisticamente, non ci sono in noi intenti di restaurazione linguistica, o di un anacronistico ritorno al passato, o di pseudo rivendicazioni culturali, in quanto pensiamo che la lingua sia qualcosa di vivo, dinamico e funzionale, che cambia nel tempo e si adegua alle necessità dei parlanti; siamo però convinti anche che, perché ognuno di noi viva completamente il suo presente, debba conoscere anche il suo passato, la sua storia, che si intreccia con quella degli altri e diventa quindi comunicazione, linguaggio.
Da qui è nato il repertorio di testi poetici e autori dialettali, curati dalla prof.ssa Mariella Collovini, dal titolo “Le voci della terra, le parole dell’uomo – amore e nostalgia nella lingua dei poeti tra Isonzo e Piave” che si strutturerà come lettura scenica, fatta da tre attori, Filippo Facca, Angela Perissinotto, Daniela Turchetto, accompagnata dalle musiche eseguite dal maestro Gianni Fassetta.
Il nostro sarà quindi un itinerario che avrà tra le sue tappe “amore e nostalgia”, ma come meta la presa d’atto, assieme al desiderio di condividerla  con altri, dell’esistenza di un patrimonio poetico – letterario sconosciuto al gran pubblico e che affronta, usando il dialetto veneto e friulano o alcune sue varietà, tematiche universali (il dolore, la malinconia, l’allegria, l’amore, la nostalgia, il rimpianto…) che superano i limiti territoriali imposti dallo strumento linguistico usato.
Numerosi e stilisticamente diversi tra loro sono anche gli autori utilizzati (per citarne solo alcuni): si va da Andrea Zanzotto a Pier Paolo Pasolini, a Giacomo Noventa, a Biagio Marin, a Ernesto Calzavara, a Giacomo Villalta, a Novella Cantarutti a Romano Pascutto; ma non sono stati trascurati neanche i poeti locali, come Giovan Battista Donato, poeta del’500, nato a Venezia e vissuto a Gruaro, Giacomo Vit, Lionello Fioretti ed altri ancora che rivelano talora, nel loro consapevole bilinguismo (lingua, dialetto) la complessità delle relazioni esistenti tra strumento poetico e materia trattata.
La serata è dedicata al poeta Lionello Fioretti, Natale per noi, “appartatosi”, come dicono, con una struggente e felice immagine i suoi amici del Menocchio, quasi un anno fa, lasciandoci soli in compagnia della sua poesia “…fresca eppure permeata di cultura, trasparente per immediati sapori, abitata da una robusta densità meditativa…” (Gianfranco Scialino) e, soprattutto, mai “complice”.

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Lionello Fioretti

Di sé ha scritto:

“In un giorno di vento, Lionello Fioretti nacque a Bagnarola,
benedicendo la primavera del ’45.
Per rendere lieti i genitori dimorò nelle galere della scuola italiana,
laureandosi in lettere a Padova,
dove capì suo padre che esclamava ”mus padovan”,
quando da piccolo impuntava i piedi.
Non volendo trasmettere ignoranza a ignoranti,
evitò a muso duro e berretta rincalcata, la carriera scolastica.
Non potendo vivere di pittura (ebbe un maestro misericordioso
e pieno di significativi silenzi: Tramontin),
diventò medico di dipinti antichi,
condannandosi a un eterno precariato:
non conosceva l’uso della “sportula”
e in più diceva quello che pensava: insomma un discreto imbecille.
Ebbe (chi è il maestro, chi è l’allievo?) esperienza di insegnamento
Di tecniche pittoriche, maschere e altro, in corsi liberi con terze età,
portatori di handicap e fuori di testa.
Particolarmente con questi ultimi si trovò bene, fu accolto con
Larghezza, si riconobbe e fu riconosciuto,
proprio come Pinocchio, quando nel teatrino di Mangiafuoco
fu festeggiato dalle altre marionette.
Ahimè dipinse, scrisse, ma cucinò per sé e per gli amici.
Ai fornelli cuoco raffinato (anche gli invidiosi davano il placet)
Capì di aver sbagliato carriera e che nel calderone universale,
instancabili collaboratori,
veniamo tutti cotti a puntino, anche i furbi. Amen”.

(da I’sielc’ peravali’)

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PENSIERI diVINI!

Non c’è praticamente
cultura al mondo
che non abbia
conosciuto e fatto
uso, sacro e profano,
di sostanze alcoliche,
inebrianti, ma, qualsiasi ne sia il mezzo, lo
scopo del bere sembra essere stato il medesimo
attraverso i tempi: il tentativo di uscire da un quadro di vita avvertito come ripetitivo,  banale, soffocante  o  insopportabile
per  approdare a rive di sogno,  di rilassamento, di esaltazione  o  di  superamento dell’incertezza  e  dell’angoscia.  Il consumo delle bevande   alcoliche  appartiene  perciò    alla   struttura stessa  del festeggiare ed il vino, in particolare, invoglia all’abbandono, specie se bevuto   in gioiosa  compagnia.  La  serata propone  perciò   un   viaggio    sorridente   e   frizzante  attraverso  le  storie,  i versi, gli aforismi, gli scherzi, i deliri ed i canti di  poeti,  scrittori,   saggisti, cantautori,   studiosi   ed……….ubriachi vari che,    come  dice
Baudelaire, hanno dato voce all’anima del vino che canta
nelle bottiglie. E questo argomento, che inzuppa
la letteratura di ogni luogo e di ogni tempo,
sarà servito a  temperatura   ambiente,
il 27 novembre, nella sala consiliare
del municipio di Gruaro.