Nel disperato tentativo di far sembrare la manifestazione di domenica 13 febbraio una piccola cosa, sono scesi in campo le cortigiane di Silvio e i sostenitori dell’Arcore style, quelli che sostengono che ogni donna è seduta sulla sua fortuna.
Li sentiamo, li leggiamo su tutti i media sostenere che le donne scese in piazza sono femministe, comuniste, radical chic, moraliste, bigotte….
Ma di cosa e di chi parlano?
Utilizzano etichette che rispondono ad un linguaggio pubblicitario, per semplificare e banalizzare concetti storici complessi riducendoli a slogan.
Scorciatoie linguistiche, probabilmente suggerite da uno staff che tenta in tutti i modi di alzare una cortina fumogena attorno al proprio leader ormai in mutande. Scorciatoie per chi non vuole o non riesce ad entrare nel merito di ragionamenti.
E’ questo il circo mediatico messo in atto da una corte preoccupata, non tanto dalla caduta del loro protettore, quanto dal doversi risvegliare in una vita normale, cittadini senza più privilegi.
Domenica 13 febbraio alla manifestazione “Se non ora quando?” un cartello che girava tra la folla mi ha fatto riflettere, diceva: “BASTAVA NON VOTARLO”.
Ricordate il malloppone patinato che è arrivato nelle case con foto e descrizione spettacolarizzata della vita del futuro leader, ecco probabilmente molti si sono fatti ammaliare da tanta luminosità, da un pifferaio che distogliendo l’attenzione dai problemi veri ha condotto un popolo al ridicolo planetario.
Bastava non votarlo, certo facile a dirsi oggi, ma in molti hanno creduto a promesse di sviluppo e benessere perché il linguaggio usato, entrato nel pensiero comune grazie alle sue televisioni e ai suoi settimanali, ha addomesticato le menti e pur coscienti che quella non era la vita reale, ha donato momenti di spensierata leggerezza.
Ma il suo smisurato ego l’ha tratto in inganno e ora il re è nudo.
Gli si vede il pisello, il suo sedere flaccido, la sua ridicola tinta ai finti capelli e l’abbondante cerone fanno di lui un povero uomo e nulla di più.
Lasciamolo nella sua triste vecchiaia, ignoriamolo, rispondiamo con il silenzio a chi ancora cerca di difendere lui e la sua politica, un silenzio che urla disprezzo.
Non perdiamo altro tempo, parliamo invece con i nostri giovani, i nostri figli, con i nostri colleghi, riportiamo la società in un mondo civile dove il lavoro è si fatica, ma anche soddisfazione, dove il rispetto per l’uomo bianco, nero, maschio o femmina che sia, è un valore imprescindibile in una società civile. Lavoriamo per far emergere i talenti che ognuno di noi ha, facciamo politica ma di quella vera, di quella che serve a farci dire, prima di addormentarci, nel mio piccolo ho contribuito a costruire un futuro in cui legalità, opportunità, equità e giustizia sono alla portata di tutti.
Sì ho partecipato alla manifestazione “Se non ora quando”.
Perché ho goduto i frutti delle lotte del secolo scorso, ma so bene che i diritti non sono dati per sempre, vanno difesi: con la cultura e con la consapevolezza.
Ero a Venezia a difendere le idee in cui credo. Perché non c’è niente di peggio che tacere il proprio pensiero per paura di venire giudicate.
Francesca Battiston
Capogruppo “Cittadini di Gruaro”
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Elogio della normalità
Mi sono resa conto innanzitutto che il termine è molto di moda ed è usato frequentemente nel linguaggio giornalistico e nel politichese per indicare avvenimenti, provvedimenti e riforme presentate come capaci di segnare un’epoca appunto, naturalmente migliorandola.
Ed è proprio questo esclusivo significato positivo, attribuito al succitato aggettivo che suscita un moto di diffidenza e sollecita la mia analisi; continuando quindi nel mio esame della parola da un punto di vista lessicale e connotativo, osservo, ripetendomi che esso può essere correttamente sostituito da “eccezionale”, “straordinario” ed allora la sottolineatura enfatica, celebrativa appare ancora più evidente.
Ad “epocale” poi io associo istintivamente il sostantivo “evento” che mi porta, dritto dritto, al mondo dello spettacolo, di cui è diventato, nel linguaggio comune, sinonimo, ed allora il cerchio è chiuso.
Considerando che il linguaggio è lo specchio di una determinata società in un determinato momento storico, non riesco a sottrarmi al pensiero di una spettacolarizzazione della vita pubblica, sociale e politica con tutte le implicazioni negative o discutibili che questo comporta ed allora ho l’impressione di trovarmi immersa in una comunità separata, in cui ci sono da una parte cittadini-spettatori e dall’altra politici-attori.
A questo punto penso che mi piacerebbe tanto che l’aggettivo in questione venisse usato con meno enfasi compiacente, o venisse sottaciuto, o meglio sostituito, anche implicitamente, da “normale”, termine meno ridondante certo, dal significato forse non del tutto univoco, ma più aperto a valutazioni ed interpretazioni e che fa pensare ad una società in cui leggi e riforme rispondono a bisogni reali dei cittadini che non sentono la necessità di essere stupiti con “effetti speciali”.
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