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“Populismo e populismi in Europa”, incontro con Mattia Zulianello

COMUNICATO STAMPA DEL 02/06/2024

Mercoledì 12 giugno 2024 – ore 20.45 – in SALA CONSILIARE a GRUARO

“Populismo e populismi in Europa”

Incontro con il prof. Mattia Zulianello, professore associato di Scienza della politica al dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Trieste.

Il “populismo” rappresenta una delle parole chiave della politica contemporanea. Comprendere il fenomeno significa fare luce su un fenomeno di cruciale importanza, capace di influenzare profondamente la competizione elettorale, la comunicazione politica e il funzionamento concreto dei regimi politici democratici.

Il populismo evoca una visione manichea della realtà politica e sociale, caratterizzata da una irriducibile contrapposizione tra “il popolo”, visto come un’entità omogenea, coesa e moralmente superiore, e le élites, anch’esse ritratte come un blocco di potere omogeneo, che sistematicamente agiscono contro gli interessi del primo fino al punto di svuotare il principio cardine della sovranità popolare.

In questo incontro, saranno presentate le principali caratteristiche del fenomeno populista e degli attori populisti, con particolare riferimento all’Europa contemporanea.

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Donne né perbene né permale

Nel disperato tentativo di far sembrare la manifestazione di domenica 13 febbraio una piccola cosa, sono scesi in campo le cortigiane di Silvio e i sostenitori dell’Arcore style, quelli che sostengono che ogni donna è seduta sulla sua fortuna.
Li sentiamo, li leggiamo su tutti i media sostenere che le donne scese in piazza sono femministe, comuniste, radical chic, moraliste, bigotte….

Ma di cosa e di chi parlano?

Utilizzano etichette che rispondono ad un linguaggio pubblicitario, per semplificare e banalizzare concetti storici complessi riducendoli a slogan.

Scorciatoie linguistiche, probabilmente suggerite da uno staff che tenta in tutti i modi di alzare una cortina fumogena attorno al proprio leader ormai in mutande. Scorciatoie per chi non vuole o non riesce ad entrare nel merito di ragionamenti.
E’ questo il circo mediatico messo in atto da una corte preoccupata, non tanto dalla caduta del loro protettore, quanto dal doversi risvegliare in una vita normale, cittadini senza più privilegi.

Domenica 13 febbraio alla manifestazione “Se non ora quando?” un cartello che girava tra la folla mi ha fatto riflettere, diceva: “BASTAVA NON VOTARLO”.

Ricordate il malloppone patinato che è arrivato nelle case con foto e descrizione spettacolarizzata della vita del futuro leader, ecco probabilmente molti si sono fatti ammaliare da tanta luminosità, da un pifferaio che distogliendo l’attenzione dai problemi veri ha condotto un popolo al ridicolo planetario.
Bastava non votarlo, certo facile a dirsi oggi, ma in molti hanno creduto a promesse di sviluppo e benessere perché il linguaggio usato, entrato nel pensiero comune grazie alle sue televisioni e ai suoi settimanali, ha addomesticato le menti e pur coscienti che quella non era la vita reale, ha donato momenti di spensierata leggerezza.

Ma il suo smisurato ego l’ha tratto in inganno e ora il re è nudo.

Gli si vede il pisello, il suo sedere flaccido, la sua ridicola tinta ai finti capelli e l’abbondante cerone fanno di lui un povero uomo e nulla di più.
Lasciamolo nella sua triste vecchiaia, ignoriamolo, rispondiamo con il silenzio a chi ancora cerca di difendere lui e la sua politica, un silenzio che urla disprezzo.
Non perdiamo altro tempo, parliamo invece con i nostri giovani, i nostri figli, con i nostri colleghi, riportiamo la società in un mondo civile dove il lavoro è si fatica, ma anche soddisfazione, dove il rispetto per l’uomo bianco, nero, maschio o femmina che sia, è un valore imprescindibile in una società civile. Lavoriamo  per far emergere i talenti che ognuno di noi ha, facciamo politica ma di quella vera, di quella che serve a farci dire, prima di addormentarci, nel mio piccolo ho contribuito a costruire un futuro in cui legalità, opportunità, equità e giustizia sono alla portata di tutti.

Sì ho partecipato alla manifestazione “Se non ora quando”.
Perché ho goduto i frutti delle lotte del secolo scorso, ma so bene che i diritti non sono dati per sempre, vanno difesi: con la cultura e con la consapevolezza.
Ero a Venezia a difendere le idee in cui credo. Perché non c’è niente di peggio che tacere il proprio pensiero per paura di venire giudicate.

Francesca Battiston
Capogruppo “Cittadini di Gruaro”

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Elogio della normalità

Scorrendo gli articoli del giornale, mi sono imbattuta per ben due volte nell’aggettivo “epocale”, anche se usato con accezioni e sfumature diverse: una volta in senso letterale, come sinonimo di “periodico”, un’altra in quello di “eccezionale” anche se con un’intensa connotazione ironica, ma tant’è il vocabolo, nella sua pregnanza e nella sua frequenza mi ha spinto ad alcune riflessioni.

Mi sono resa conto innanzitutto che il termine è molto di moda ed è usato frequentemente nel linguaggio giornalistico e nel politichese per indicare avvenimenti, provvedimenti e riforme presentate come capaci di segnare un’epoca appunto, naturalmente migliorandola.
Ed è proprio questo esclusivo significato positivo, attribuito al succitato aggettivo che suscita un moto di diffidenza e sollecita la mia analisi; continuando quindi nel mio esame della parola da un punto di vista lessicale e connotativo, osservo, ripetendomi che esso può essere correttamente sostituito da “eccezionale”, “straordinario” ed allora la sottolineatura enfatica, celebrativa appare ancora più evidente.

Ad “epocale” poi io associo istintivamente il sostantivo “evento” che mi porta, dritto dritto, al mondo dello spettacolo, di cui è diventato, nel linguaggio comune, sinonimo, ed allora il cerchio è chiuso.
Considerando che il linguaggio è lo specchio di una determinata società in un determinato momento storico, non riesco a sottrarmi al pensiero di una spettacolarizzazione della vita pubblica, sociale e politica con tutte le implicazioni negative o discutibili che questo comporta ed allora ho l’impressione di trovarmi immersa in una comunità separata, in cui ci sono da una parte cittadini-spettatori e dall’altra politici-attori.

A questo punto penso che mi piacerebbe tanto che l’aggettivo in questione venisse usato con meno enfasi compiacente, o venisse sottaciuto, o meglio sostituito, anche implicitamente, da “normale”, termine meno ridondante certo, dal significato forse non del tutto univoco, ma più aperto a valutazioni ed interpretazioni e che fa pensare ad una società in cui leggi e riforme rispondono a bisogni reali dei cittadini che non sentono la necessità di essere stupiti con “effetti speciali”.

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Che Paese, l’Italia!

Ma in che Paese viviamo? L’Italia sta andando alla deriva?

Si sta registrando un degrado etico-sociale mai avvertito prima; la nostra Costituzione continuamente calpestata se non violata nei suoi principi fondamentali, democrazia, libertà, uguaglianza che si fondano sulla dignità della persona, di qualunque persona.
Razzismo, omofobia, violenza, bullismo, non rispetto delle regole e dell’ambiente, sembrano aver sostituito  senso civico e solidarietà, smentendo la tradizionale accoglienza dimostrata dagli Italiani nel corso della propria storia.

Come mai? Non basta cercare le cause nella crisi economica e neppure dire che è colpa della TV e della stampa. (Certa stampa comunque, non è priva di responsabilità, se pensiamo alle campagne diffamatorie a carico di personaggi più o meno noti!)
Si è parlato tanto dell’esclusione del Crocefisso dagli edifici pubblici e nel contempo la nostra classe politica pare fare un uso spregiudicato di una sottocultura qualunquista e demagogica che sdogana le peggiori istanze di una minoranza razzista, omofoba, xenofoba e violenta.
Giovani dotati, senza prospettive,  devono abbandonare l’Italia per potersi costruire un futuro, poiché nel proprio Paese valgono più la raccomandazione, le conoscenze, il nepotismo piuttosto che il talento. Altro che Meritocrazia!

Basta assistere a qualunque “dibattito” politico per capire, anzi non capire in che Paese viviamo! La verità non è mai stata così contraddittoria; tutti sembrano aver ragione e nel contempo avere torto. Eppure la classe politica che ci governa sostiene di agire nell’interesse e nel nome del popolo italiano da cui pare abbia avuto una delega “in bianco”.

Un radicale ricambio dei nostri rappresentanti politici, più lontani dalle ideologie, dai propri interessi e privilegi personali e più vicini agli interessi veri della collettività, forse porterà maggiore fiducia nelle Istituzioni e quindi maggiore partecipazione e consapevolezza della gente al vivere comune.

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Referendum elettorale del 21 giugno 2009

    • Quesito 1: Premiata la lista con più voti alla Camera
      Il premio di maggioranza va alla lista più votata alla Camera dei deputati e si innalza la soglia di sbarramento. Attualmente la legge prevede un sistema proporzionale con premio di maggioranza, attribuito su base nazionale alla Camera e su base regionale al Senato. Viene attribuito alla “singola lista” o alla “coalizione di liste” che ottiene più voti.
      • Quesito 2: Premio di maggioranza al Senato
        Anche al Senato, come alla Camera, il premio di maggioranza va alla lista più votata. Di fatto, il referendum, abrogando la norma sulle coalizioni, innalzerebbe le soglie di sbarramento. Le liste minori, per ottenere una rappresentanza dovrebbero superare lo sbarramento. Resterebbero in vigore le norme sull’indicazione del premier e del programma elettorale.
        • Quesito 3: Abrogazione delle candidature multiple
          Il quesito prevede l’abrogazione della norma sulle candidature multiple e la cooptazione oligarchica della classe politica. Oggi ci sono candidati che si presentano in più circoscrizioni, creando un bacino di “primi non eletti” che subentrando nella circoscrizione dove il pluricandidato rinuncia. Oggi 1/3 dei parlamentari sono stati scelti dopo le elezioni.

          fonte: l’Unità

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          Calamandrei, chi era costui?

          Piero Calamandrei nasce a Firenze il 21 Aprile 1889 dove muore il 27 Settembre 1956.

          Dopo la laurea in giurisprudenza, divenne professore di procedura civile in varie università: Messina, Modena, Reggio Emilia, Siena e Firenze. Prese parte alla prima guerra mondiale come ufficiale volontario. Lasciò l’esercito per continuare la sua carriera accademica. Della sua vasta produzione giuridica si ricorda soprattutto “Introduzione allo studio delle misure cautelari” del 1936, un trattato d’avanguardia che farà compiere un grande balzo in avanti alla scienza processuale italiana.

          Politicamente impegnato a sinistra, partecipò con Dino Vanucci, Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli alla direzione di “Italia Libera”, un gruppo clandestino di ispirazione azionista. Manifestò sempre la sua avversione alla dittatura di Mussolini, aderendo nel 1925 al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Contrario all’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, nel 1941 aderì al movimento Giustizia e Libertà ed un anno dopo fu tra i fondatori del Partito d’Azione insieme a Ferruccio Parri, Ugo La Malfa ed altri.

          Fu membro della Consulta nazionale, della Costituente e della Camera dei Deputati e si batté sempre per un rinnovamento morale e civile della vita politica italiana.

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          A proposito di scuola: l’ipotesi di Calamandrei

          “Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.

          Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata.

          Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette.

          Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

          Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950.

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          Incentivi anti-inquinamento (previsti dalla legge finanziaria 2007)

          A. CALDAIE, PANNELLI, ISOLAMENTI TERMICI

          Innalzamento dal 36% al 55%della detrazione fiscale per interventi di aumento di efficienza energetica.
          La detrazione che si riferisce a una spesa sostenuta nel 2007, va suddivisa in tre quote annuali di pari importo. Le azioni incentivate si riferiscono a:

          • Interventi per la riduzione dei consumi di energia sia degli edifici nuovi che di quelli esistenti, con un contributo massimo di 100mila euro in 3 quote annuali. Isolare gli edifici, cioè fare indossare il “cappotto alla nostra casa, può valer un 20-30% di consumi in meno. Quasi il 70% dei costi energetici di una famiglia, sono destinati al riscaldamento degli ambienti. Investire in una buona coibentazione durante la costruzione ex novo, fa risparmiare fino al 60% delle spese di riscaldamento. A questo riguardo, a partire dal 10 luglio 2008 ci sarà l’obbligo della certificazione dei consumi energetici. Dal 1° luglio 2009 infine, l’etichetta energetica diventerà obbligatoria anche per vendere un singolo appartamento. La certificazione energetica è un documento che descrive nei dettagli i consumi del nostro appartamento e che va prodotta se si vogliono ottenere gli incentivi.
          • Installazione dei pannelli solari per la produzione di acqua calda e per il riscaldamento; il bonus potrà arrivare fino a un massimo di 60mila euro in 3 anni.
          • Interventi di copertura, isolamento dei pavimenti, delle pareti e installazione di finestre ad alta tenuta energetica. Il bonus è di 60mila euro max.
          • Installazione di caldaie a condensazione. Detrazione max è di 30mila euro.

          N.B. I RIMBORSI SONO CONDIZIONATI DALLA CERTIFICAZIONE DELL’EDIFICIO!

          B. FRIGORIFERI E CONGELATORI

          Detrazione fiscale in un’unica rata, per la sostituzione di frigoriferi e congelatori di classe energetica non inferiore ad A+, acquistati nel 2007. La spesa ammissibile non deve superare i 1000 euro per ciascun apparecchio; la detrazione non potrà essere superiore a 200 euro.

          C. AUTO A METANO

          Riduzione del 20% del carico fiscale per il gpl. Questo comporta una diminuzione del prezzo alla pompa di circa 38 centesimi al litro, iva compresa. Sono previsti incentivi per trasformare le autovetture a gas metano o gpl (650euro se si fa entro tre anni dopo l’immatricolazione; 350euro per chi ha un’auto euro 0 o euro 1) che quelli per l’acquisto di un’auto a metano e gpl (1500 euro per ogni vettura con un’ulteriore sconto di 500 euro se le emissioni di CO2 sono inferiori a 120 grammi per km).

          D. PANNELLI FOTOVOLTAICI

          Sarà possibile cedere alla rete nazionale, l’energia elettrica prodotta da impianti casalinghi ed eventualmente eccedente il proprio bisogno. I piccoli fornitori potranno vendere la loro ecoelettricità a un prezzo agevolato fino a 0,49 al kw.

          Per saperne di più:

          • Utilissimi consigli per risparmiare energia: www.ecoage.it
          • Energie rinnovabili: www.fonti-rinnovabili.it (sito collegato a Legambiente che contiene anche un elenco di installatori di pannelli solari diviso per regioni).
          • Per informazioni precise su costi e opportunità, ma anche per passare alla fase progettuale: www.ice.it , istituto per il Commercio Estero.
          • Per incentivi e rimborsi da parte dello Stato, consultare il sito del governo: www.governo.it e si clicca su “Finanziaria”, voce ENERGIA.
          • Può essere utile consultare il progetto “CasaClima” della provincia autonoma di Bolzano: www.provincia.bz.it

          azlea

          P.S. Anche la nostra amministrazione comunale dovrebbe dare il buon esempio, riducendo lo spreco dell’illuminazione pubblica!

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          Politica, istruzioni per l’uso

          “La politica è una cosa sporca”. “In che senso?” “Nel senso che i politici promettono tanto, ma una volta eletti fanno solo i loro interessi. Quando parlano usano un linguaggio incomprensibile; di fronte a una sconfitta elettorale, spesso voltano gabbana e vanno con i nuovi vincitori”. “E allora?” “Allora le persone per bene pensano ai fatti loro e non si occupano più di politica”.

          Sembra una conversazione surreale, ma tutti noi abbiamo assistito a discorsi di questo genere. Viene da chiedersi se questo modo di ragionare sia dovuto alla scarsa informazione oppure ad una posizione di comodo. E’ chiaro a tutti che gli strumenti in sé non sono né buoni né cattivi, dipende da come vengono usati: il coltello che si adopera in cucina per gli usi domestici può essere usato anche per uccidere; il denaro può essere usato per acquistare l’abitazione, ma anche per corrompere; la vettura che usiamo per andare al lavoro o in vacanza può diventare strumento di morte se si va troppo veloci o contromano.

          Dunque non è questo il problema. Allora perché tanta diffidenza verso chi si occupa di politica? Intanto qual è il significato di questa parola? La parola deriva dal greco polis che significa città. Sta quindi per gestione degli interessi della cosa pubblica, ovvero interessi generali.
          Lo strumento perciò è nobile, destinato a procurare il benessere di tutti, ma dipende appunto da come lo si usa. Dobbiamo forse rinunciare all’automobile per recarci al lavoro perché qualcuno, andando contromano, potrebbe investirci? C’è per questo il codice della strada che obbliga a non andare contromano e a ridurre la velocità: dunque regole e rispetto delle stesse. Anche la politica ha molte regole. Ci sono: la Costituzione, il codice civile e penale, le leggi elettorali, e molte altre che purtroppo vengono spesso disattese.

          Certo la questione non è nuova. Anche Dante Alighieri, ai suoi tempi, si lamentava del mancato rispetto delle leggi “Le leggi ci son ma chi pon mano ad esse?” diceva sconsolato.

          A questo proposito è emblematico lo scandalo del calcio scoppiato in queste ultime settimane: partite truccate, dirigenti ed arbitri corrotti e così via. In conseguenza di questo scandalo, dovremmo forse decidere di non praticare più il gioco del calcio, in quanto considerato un gioco sporco? Certo che no! Tutti siamo d’accordo nell’affermare che il calcio è uno dei giochi più belli del mondo. Basterà dunque impedire che dei malandrini lo trasformino in malaffare per scopi che nulla hanno a vedere con lo sport. Naturalmente, chi ha interesse che il malaffare continui, cercherà di tenere lontano chi glielo può impedire. Ma per obbligare costoro al rispetto delle regole ci sono dei mezzi molto efficaci ed alla portata di tutti che si chiamano: interessamento e partecipazione.

          La vera democrazia si fonda appunto sulla partecipazione che produce maggiore conoscenza, corretta informazione e, di conseguenza, maggior controllo e possibilità di ricambio delle cariche pubbliche.
          Ci sono persone che durano in carica una vita come se fossero indispensabili. La saggezza popolare insegna che tutti siamo utili, ma nessuno è indispensabile e che morto un papa se ne fa un altro. Dalla natura impariamo che l’acqua è quella che scorre, mentre quella stagnante imputridisce.

          La politica, dunque, non è un’attività da evitare perché ci sono dei “furbi” che la strumentalizzano; faremmo il loro gioco.
          Serve piuttosto prevenire i malanni partecipando più spesso ai dibattiti sociali e politici. Sarà più facile capire se, chi si candida a rappresentarci è animato da spirito di servizio o da interesse personale; poi nel rispetto delle varie opinioni, vinca il migliore!

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          Referendum costituzionale del 25-26 giugno 2006

          Nel caos generato dal “marasma istituzionale” di questo periodo (elezioni politiche, elezione del Presidente della Repubblica, insediamento del nuovo governo, elezioni amministrative), ben pochi osservatori e commentatori si sono curati di riservare  uno spazio consono al fondamentale (quanto raro ed importante) appuntamento dei prossimi giorni.

          Il 25 e 26 giugno 2006, infatti, tutti i cittadini italiani aventi diritto saranno chiamati alle urne per esprimersi in merito al referendum consultivo sul testo di legge costituzionale recante le «Modifiche alla Parte II della Costituzione». In pratica dovranno decidere se confermare o meno le modifiche alla seconda parte della carta fondamentale del Nostro Ordinamento, approvate dal Parlamento nella passata legislatura.

          Prima di accennare ai punti fondamentali di tali modifiche è opportuno premettere quanto segue:

          1. la presente “riforma” costituzionale è stata approvata dalla sola maggioranza parlamentare della passata legislatura, senza consultare l’opposizione;
          2. la presente “riforma” costituzionale modifica ben 53 dei 138 articoli della Costituzione, quindi il termine “riforma” è decisamente limitante della portata che potrebbe avere nei riguardi del nostro ordinamento.

          Appurate tali premesse è ovvio e automatico che andare a votare al referendum richieda un minimo di consapevolezza, ed è altrettanto ovvio per lo scrivente fornire una chiara e precisa indicazione a votare NO e bocciare così le modifiche introdotte.

          Quali sono dunque i punti più controversi della “riforma”, al di là del becero metodo utilizzato per la sua approvazione?

          Essi sono raggruppabili nelle seguenti categorie:

          1. FORMA DI GOVERNO
          2. ISTITUZIONI DI GARANZIA
          3. ITER LEGISLATIVO
          4. COMPETENZE DELLE REGIONI

          che di seguito -e brevemente- si possono esplicare.

          1. introduzione del cosiddetto “super-premier”, cioè il primo ministro “coi super poteri”:

          • diventa automaticamente primo ministro il capo del partito di maggioranza relativa;
          • non necessità più della fiducia del Parlamento per insediarsi;
          • ha il potere di nomina e revoca dei ministri;
          • determina (non più “dirige”) la linea del Governo e le attività dei Ministeri;
          • ha il potere di scioglimento delle Camere;
          • diventa di fatto insostituibile per l’intera durata della Legislatura.

          Tutto ciò è estremamente pericoloso per l’enorme potere di ricatto che egli potrebbe esercitare sul Parlamento, trovandosi così detentore sia del potere esecutivo che di quello legislativo, alla faccia di Montesquieu.