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Melozzo da Forlì. Il maestro dell’arte del sotto in su

Si è aperta il 29 gennaio a Forli, ai Musei domenicani, una mostra, che si protrarrà fino al 12 giugno 2011, dedicata a Melozzo da Forlì, che ritengo valga la pena essere visitata, per la sua ricchezza ed articolazione.
Con questa esposizione la città intende celebrare il suo artista più famoso, raccogliendo, per la prima volta, gran parte delle sue opere mobili.

Già in passato egli è stato oggetto di importanti manifestazioni, ma non era mai stata fatta una riflessione sul ruolo centrale da lui svolto nella vicenda del Rinascimento italiano, e questo è certamente uno dei principali obiettivi che si prefigge questa mostra; ma andiamo con ordine e chiediamoci  chi fosse questo pittore: Melozzo di Guliano degli Ambrosi, detto Melozzo da Forlì (Forlì, 1438-1494) è stato il massimo esponente della scuola forlivese di pittura nel XV secolo. Fu inoltre architetto.

Egli si era ben presto allontanato dalla sua città natale per approdare ai centri più vitali del Rinascimento, nei quali attingere ispirazione, quali Padova, Urbino, Roma, dove sarebbe diventato l’artista di punta negli anni del pontificati di Pio II e di Sisto IV, fino a meritarsi il titolo di Pictor papalis.
La conoscenza di Mantegna e soprattutto di Piero della Francesca lo aveva portato  ad aderire alle nuove certezze della prospettiva matematica, salvo poi intraprendere, a partire dall’affresco nell’abside della chiesa dei Santi Apostoli a Roma, una personale ricerca sulla bellezza  della figura umana. Unì l’uso illusionistico della prospettiva, tipico di Andrea Mantegna, a figure monumentali, rese con colori limpidi, vicine ai modi di Piero della Francesca, umanizzandone l’astrazione, e alla bellezza ideale di Raffaello, cercando una lingua comune tra le scuole artistiche italiane. Fu anche un innovatore: fu infatti il primo ad usare lo scorcio dal basso, “l’arte del sotto in su”, la più difficile. Osservando le sue opere ci si rende conto come Melozzo sia un pittore che riesce a racchiudere in esse una molteplicità di aspetti: sono piene di colore e di figure dal volto roseo, quasi etereo, e dallo sguardo molto espressivo,(c’è insomma una grande attenzione all’aspetto umano dei soggetti rappresentati); ma è curato anche l’aspetto architettonico, la prospettiva è infatti precisa e rigorosa. La luce poi è chiara, le ombre schiarite e i volumi delle architetture solenni. Si deve notare anche la bellezza delle decorazioni e dei panneggi delle vesti.

Tornando alla mostra, per far comprendere meglio il contesto in cui si è sviluppata l’attività di questo artista, essa colloca, accanto alle opere di Melozzo, alcuni capolavori degli artisti con cui il nostro venne a contatto nel corso della sua formazione, da Andrea Mantegna a Piero della Francesca, a Bramante.
Viene poi presentata ed analizzata la  sua  attività a Roma, dapprima ai Santi Apostoli, e poi nella Biblioteca Vaticana, mettendola a confronto diretto con le opere degli artisti che conobbe nella città dei papi, come ad es. il Beato Angelico, da cui prende la luce tersa.

A Roma Melozzo si trovò impegnato nella riproduzione di immagini sacre, il cui studio si riflette nel Salvatore della Galleria nazionale di Urbino e nel San Marco dell’omonima chiesa romana.
Nello stesso tempo, forte dell’appoggio della famiglia Riario, seppe dar voce alle ambizioni culturali della corte pontificia, che richiamava in quegli anni artisti da tutta Italia, tra i quali Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino, Alessandro Botticelli, di cui sono presentate in mostra importanti testimonianze. Viene così sicuramente documentato, anche attraverso arredi, paramenti liturgici e codici miniati, il lusso dell’arte papale.

Il sito della mostra: http://www.mostramelozzo.it/

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