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“Match Point” di Woody Allen

Non sembra neanche un film di Woody Allen, questo “Match Point”, pur essendo un film profondamente “alleniano”.

Il film è ottimamente diretto ed interpretato, con dialoghi che nella prima parte sfiorano la perfezione tanto son calzanti e con attori perfettamente a loro agio nei panni di borghesi viziatelli o di moderni parvenu senza scrupoli. Il protagonista Chris (Jonathan Rhys Meyers) in particolare è una summa crescente di abilità interpersonali, passioni, nevrosi e varie disturbanze; impressionante per l’interpretazione ma soprattutto per il ruolo: un mix grottesco di attrazione – detrazione che volgerà al chiaro solo in finale d’opera.
Anche le trovate tipiche di Allen permangono e funzionano, ricco com’è il film di citazioni di Dostoevskij (il protagonista legge “Delitto e castigo”) e financo Sofocle (“La sorte migliore per gli uomini sarebbe non essere mai nati”), ma ciò che lo fa differire dalle ultime -bollite- commedie per appassionati è l’atmosfera generale, profondamente cupa e pessimista.

Il senso della vita si riassume nella frase portante di inizio: “La gente ha paura ad ammettere quanto conti la fortuna nella vita”, che viene più volte ripresa nel corso della vicenda e diventa estremamente inquietante per la deriva che l’autore decide di intraprendere nella seconda parte della pellicola, virando l’opera verso il noir “classico”.
Purtroppo alcuni passaggi di tale svolta non m’hanno convinto particolarmente: mi pare si evidenzino un po’ troppo i limiti che Woody sembra avere nei riguardi di situazioni un po’ diverse da quelle sue canoniche, risultando un po’ frettoloso, a tratti superficiale, nel delineare il mutamento psicologico dei personaggi. Intuizioni sulla trama si colgono qua e là prima che accadano, certi comprimari (i poliziotti) sono un po’ stereotipati e banalotti, certi “colpi di scena” sono ricamati a tavolino e il finale è preparato a puntino (per quanto efficace). Al di là di questi aspetti, però, il film scorre via che è un piacere.

Allen tratteggia splendidamente l’ipocrisia moderna della famiglia alto borghese, ma non si limita a quello: lo scopo principale è di mostrare come possiamo essere piccoli, infidi e vuoti noi esseri umani, e nonostante ciò restare “belle persone”. Quanto fortuna ed egoismo guidino le nostre “supposte” scelte e quanto in realtà sia labile il confine tra ciò che è moralmente qualificante e squalificante.
E se da un lato, quando vediamo Nola (Scarlett Johansson), ci si scioglie il cuore di spettatori innamorati e faremmo tutto per lei, dall’altro realizziamo come anche una conquista amorosa così sublime possa trasformarci, inducendo una tale sopraffazione d’emozioni, che non può che mettere in discussione la nostra personalità.

La tesi è quindi chiara: quanto siamo disposti a metter in gioco di noi stessi nella vita? Quanto l’amore e la passione influiscono sulle nostre scelte? Allen, nel suo rigoroso romanticismo, da una risposta molto poco romantica.

scheda film su IMDb

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