Fotografia Archivi

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“Calli e campielli di Venezia”, a cura di Lucia Crovato

Una veneziana racconta Venezia!

Attraverso le foto di Lucia Crovato, scopriremo angoli e scorci poco conosciuti del capoluogo veneto.

La serata si terrà venerdì 15 febbraio 2013 alle ore 20.45 presso la Villa Ronzani di Giai di Gruaro.

Allego la locandina dell’evento ed invito tutti a segnalare la serata.

  'Calli e campielli di Venezia', di Lucia Crovato (590,4 KiB, 21 download)
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Mostra Brunello il 12-13 febbraio 2011 a Portogruaro

RIZOO Group in collaborazione con l’Associazione Officine Duende

è lieta di invitare la S.V.

all’inaugurazione del primo evento artistico Pop up
che si aprirà con la mostra fotografica

“Gli occhi di Chiara”

di Valentina Brunello

L’inaugurazione si terrà sabato 12 febbraio 2011 alle ore 11:00
presso il Centro RUA in Via Filzi n°5 (laterale di Viale Venezia) a Portogruaro (Ve)

Letture e musiche a cura di Officine Duende

La mostra sarà visitabile:
sabato 12 febbraio dalle 11.00 alle 19.00 e
domenica 13 febbraio dalle 10.00 alle 19.00

Info:
http://www.rizoo.it/
http://www.valentinabrunello.eu/
http://centrorua.blogspot.com/

RIZOO è un’associazione culturale, formata da professionisti in diversi settori, dall’architettura, all’arte, alla comunicazione, che ha l’intento di ridiscutere l’attuale panorama artistico – culturale. L’associazione si propone di affrontare questo obiettivo con un approccio multidisciplinare, capace di coinvolgere contemporaneamente diversi punti di vista in un’unica fruizione.

VALENTINA BRUNELLO nasce nel 1970 a Gorizia, dove vive e lavora. Ha sviluppato l’interesse per la fotografia parallelamente agli studi universitari in architettura a Venezia. I temi che ha affrontato sin dai primi scatti analogici in bianco e nero riguardano principalmente il paesaggio urbano ed i soggetti architettonici; negli ultimi anni sta approfondendo il tema del ritratto utilizzando prevalentemente attrezzatura digitale. Numerose le mostre collettive e personali tra cui: Maninfesto – Fotografia in Friuli Venezia Giulia, Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea, Passariano-Codroipo (Ud); Tracce, Eurart 2005, Casa Morassi, Gorizia, 2006, mostra collettiva; 6 x una mostra, Centro Culturale Bratuz, Gorizia, 2005, mostra collettiva; Entrata Libera, Gruppo E-20, Gorizia, 2004, mostra collettiva; Spiaggia libera, Galleria La Fortezza, Gradisca d’Isonzo, 2010, mostra personale.

  Locandina mostra fotografica di Valentina Brunello (172,5 KiB, 5 download)
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  Cartolina mostra di Valentina Brunello, 12 febbraio 2011, Portogruaro (83,9 KiB, 1 download)
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  Cartolina mostra di Valentina Brunello, 12 febbraio 2011, Portogruaro (42,5 KiB, 2 download)
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Fotografia contemporanea emergente: Valentina Brunello

All’interno del progetto Spazi Pubblici Arte Contemporanea (SPAC), la Neo Associazione Culturale, con sede a Buttrio (Ud), ha proposto a partire dal 7 novembre 2009 la mostra “Specchio Specchio delle mie Brame chi è il più Artista del Reale?”, riflessione sul recente lavoro di alcuni tra i più interessanti artisti visivi operanti in Friuli Venezia Giulia.

Per i quattro sabati consecutivi del mese di novembre, dal 7 al 28, gli appassionati d’arte contemporanea, o anche semplicemente curiosi o amanti dei siti storico-artistici della regione, hanno potuto seguire le fasi d’inaugurazione della mostra. Alcune tra le opere più significative prodotte in regione negli ultimi dieci anni sono state rivisitate nel contesto di palazzi, ville, castelli: nella settecentesca Villa Di Toppo Florio a Buttrio (Ud) dal 7 novembre al 6 dicembre, in Palazzo Orgnani – Martina a Venzone (Ud) dal 14 novembre al 6 dicembre, nel medievale Castello di S.Pietro a Ragogna dal 21 novembre al 20 dicembre e a Palazzo Locatelli (Museo Civico del Territorio) a Cormòns (Go) dal 28 novembre al 27 dicembre.

Il comune denominatore degli undici artisti presenti in mostra, al di là dell’appartenenza generazionale, di corrente, ecc, è la costante attenzione alle contraddizioni del presente e l’inequivocabile emergenza, nelle loro opere, di forti segni della contemporaneità; a presentarli, altrettanti curatori, critici, organizzatori culturali, giornalisti.

In questa direzione ho scelto di esporre il lavoro della fotografa Valentina Brunello, vincitrice nel 2008 del secondo premio al concorso ManinFesto, indetto dal Centro d’Arte Contemporanea Villa Manin di Passariano (Ud), con la direzione artistica di Francesco Bonami. L’artista nasce a Gorizia nel 1970, dove tuttora vive e lavora; parallelamente agli studi in architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, approfondisce l’interesse per la fotografia, sviluppando diverse tematiche che vanno dal paesaggio al ritratto.

Sin dai primi scatti analogici in bianco e nero, la sua attenzione è rivolta principalmente ai soggetti architettonici e al paesaggio urbano; in sintonia con il proprio percorso di studi è portata ad osservare gli elementi particolari e dettagliati che connotano lo spazio delle città, e all’interazione dell’uomo con essi. Da questi concetti nascono la serie in bianco e nero Segni urbani, e quella a colori Frammenti urbani.
Se in questi primi due lavori la presenza dell’individuo è fisicamente assente, nella serie in bianco e nero Street photo, realizzata in parallelo a Frammenti urbani, le persone diventano quasi sempre le protagoniste, colte in attimi di vita nella relazione naturale con gli spazi circostanti.

Da questa ricerca rivolta all’uomo, i suoi interessi si sono indirizzati verso il tema del ritratto con la serie Ritratti (Tracce) che mostra volti e corpi sfuggenti, rarefatti ed isolati da qualsiasi contesto. Successivamente si è rivolta al ritratto di famiglia, analizzando le tematiche dei rapporti interpersonali, in particolare tra madri e figli. Proprio quest’ultimo progetto, Interno di famiglia, ha messo in risalto le doti della fotografa, portandola ad ottenere il secondo premio al concorso ManinFesto – Fotografia in Friuli Venezia Giulia del 2008 (Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea, Passariano-Codroipo, Udine).

Il progetto nasce da una ricerca rivolta alla maternità e al rapporto che si viene a creare tra la madre e i propri figli. L’artista irrompe delicatamente nelle abitazioni private di amici e conoscenti, mantenendo un distacco rispettoso nei confronti di questi luoghi così intimi, in cui ogni oggetto e ogni spazio è il riflesso delle personalità di chi lo abita. Ne risulta un’indagine socio-antopologica sul tema della famiglia, dove è inevitabile per il fruitore spingersi a ricercare le relazioni tra i diversi soggetti ritratti, i rapporti che intercorrono tra loro e il background di ogni nucleo.

Nelle serie fotografiche realizzate dall’artista non vi è alcuna finzione nel senso cinematografico del termine, non esiste sceneggiatura, non vengono create delle sovrastrutture ideologiche; vi è una sensibile aderenza alla realtà, in una narrazione che non può essere compresa e vissuta se non per esperienza diretta. Un genere di analisi documentaria, che testimonia la consapevolezza e l’attenzione della fotografa alla riflessione sul proprio tempo.

Una maturità artistica quella di Valentina Brunello alimentata da una naturale e costante ricerca, che è in primo luogo una risposta ad una necessità ed esigenza personale; in equilibrio tra introversione e disincanto si relaziona con curiosità allo spazio che la circonda e a come questo diventi habitat e specchio dell’uomo, in un continuo e perenne scambio a cui nessun individuo può sottrarsi.

Documentazione on line:
per la mostra: www.spacfvg.it
per l’artista: www.valentinabrunello.eu

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35 scatti per 10 giorni in Cina: “Qilu International Photography Week”

Circa 2300 anni fa, in Cina, viveva un certo Mo-Tse.  Ricercatore ed inventore, scrisse un libro (Mo Jing) che conteneva il risultato delle sue osservazioni. Quest’anno, la Cina attraverso l’APS (Artistic Photographic Society of China) ha voluto rendere omaggio a quel personaggio che, in sostanza, ha scoperto il principio della fotografia. è nata così la Qilu International    Photography Week.

Quest’estate, ad Arles in Provenza, ho avuto l’opportunità di mostrare i miei lavori ai due responsabili per la selezione degli autori occidentali da ospitare in Cina, fra cui Ren Shugao. Mi sono perciò ritrovato a Pechino il 20 di settembre, “graziosamente” invitato assieme ad altri 8 fotografi fra cui il presidente della PPA (Professional Photographic Association degli USA) e un suo collega; Serge Assier, fotogiornalista francese; il direttore e vice della rivista francese Phot’Art International; Christian Devers, un Belga specializzato in fotografia digitale; il bravo fotografo inglese Paul Kenee e il nostro simpatico Silvano Monchi, accompagnato dalla moglie, per incominciare la visita di una parte dell’immenso Paese.

Siamo stati trasferiti, via aerea, da Pechino a Jinan, lontana 400 km, per poi continuare il viaggio in pullman, ospitati in alberghi di lusso.
Le giornate, lunghe 16 ore, ci hanno permesso di conoscere vari aspetti della Cina spesso in drastica opposizione: il cantiere dei prossimi giochi olimpici, vero formicaio brulicante di centinaia di migliaia di operai, assieme ai luoghi di nascita di Mo-Tse e Confucio, villaggi modesti, spersi in mezzo alle montagne. Nell’occasione, si passava da uno smog da tagliare col coltello ad un’aria decisamente campagnola, dall’asfalto polveroso ai sottoboschi, pieni di scorpioni.

Le nostre giornate erano marcate da cene esotiche quanto abbondanti, offerte dalle più alte autorità politiche. Con naturalezza, la tartaruga bollita veniva proposta accanto a cicale arrosto, pelle di pesce in gelatina o zampe di gallina affumicate.
L’anitra laccata seguiva la carpa con maiale, pare piatto favorito di Mao, e il tè verde era dimenticato a forza di decine di “kampei” con birra o vino, l’obbligatorio e cerimonioso brindisi adattato a qualunque argomento.

La mostra a Jinan ci ha lasciato senza fiato: 18.000mq e migliaia di immagini, l’Italia era rappresentata dalle 40 immagini di reportage di Silvano Monchi, dai miei 35 nudi in bianco e nero stampati in loco 1 x 0,8m, assieme alle immagini naturalistiche della lega fotografica italiana ed alle singole immagini di Giuricin, Tomelleri, Cartoni, Materassi e Calosi.

Ogni autore invitato all’inaugurazione vedeva le sue immagini esposte su circa 30 metri di parete con tanto di presentazione e ritratto.  La fotografia cinese non ha molto da invidiarci sia dal punto di vista artistico che tecnico. Spazia, senza timori di fare brutta figura, dal descrittivo all’artistico, in b\n  o a colori, dall’immagine classica di Lu Jun a quella con divertenti sovrapposizioni grafiche di Mu Tangjuan, senza dimenticare le inquadrature paesaggistiche concettuali di Li Ruiyong.

Insomma un bel confronto che toglie ogni ombra di confine qualitativo fra le nostre civiltà.

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Mostra internazionale di fotografia e scultura

Dal 4 al 26 febbraio 2006 si è svolta alla galleria Ai Molini di Portogruaro la mostra internazionale di scultura e fotografia “La poesia dei manifesti”, opera di Susan Aurinko, e “Ritratti in Oltre Tempo” di Claude Andreini. Quello che unisce l’opera di questi due artisti è il fatto di lavorare su immagini già create da qualcun altro. Susan Aurinko infatti fotografa in bianco e nero dei manifesti sovrapposti e strappati, che si possono trovare in qualsiasi città. In questo modo delle immagini che ormai avevano perso la loro funzione diventano nuovamente vive, ma soprattutto diventano arte. Claude Andreini invece cerca immagini di persone che si sono deteriorate nel tempo. Particolare è il metodo usato, infatti, dopo aver scattato le fotografie in bianco e nero, Andreini sceglie di sovrapporre pigmenti alla foto.

Differenti secondo me le sensazioni che provocano i due artisti con le loro opere. Le fotografie di Susan Aurinko, nonostante le immagini siano a volte forti, danno l’impressione di un riavvicinamentoi al passato; mentre le fotografie di Claude Andreini danno la sensazione di un distacco dal passato, Oltre Tempo appunto. Nella galleria vi sono anche delle sculture di Claude Andreini che rappresentano tartarughe e dinosauri, che vanno a completare, con le loro forme a volte rotondeggianti e a volte più spigolose, la rassegna dei lavori dell’artista. La collocazione della mostra alla galleria “Ai Molini” aiuta con il suo silenzio, o meglio con in sottofondo il  rumore d’acqua che scorre, ad aumentare il fascino di questi lavori.

Claude Andreini

Susan Aurinko

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Un fotografo dall’occhio da scultore

Il 24 giugno 2005, è stata inaugurata a Chicago, alla FLATFILEgalleries, la mostra fotografica personale di Claude Andreini, nostro concittadino, dal titolo evocativo “METROPOLIS”.
Riportiamo di seguito la critica della curatrice Susan Aurinko, in collaborazione con il Dr. Michael Weinstein – Prof.  di Scienze Politiche alla Purdue University di Chicago.

“Claude Andreini è un modernista, che realizza immagini nella più grande tradizione lineare, con una composizione formale e senza necessità di spiegazioni.
Nonostante l’autore dichiari a proposito del lavoro METROPOLIS che esso è nato da considerazioni ambientaliste, alla fine risulta che Andreini realizza delle foto assolutamente magnifiche della stessa realtà, quella urbana, che intendeva criticare. A lui è impossibile scattare una fotografia che non sia equilibrata alla perfezione. È in questo modo che funziona il suo occhio ultrapreciso. Che siano fotografati nudi, elementi architettonici, ambientazioni urbane o lugubre camere di campo di concentramento, Andreini rappresenta i suoi soggetti con una purezza e un rispetto estremi. Affiora nell’insieme della sua opera una comprensione della forma e della superficie che nasce dai suoi studi di scultore.

Il corpo del lavoro intitolato METROPOLIS, rivolto all’evocazione di distese urbane e dell’assenza di natura, osanna invece la bellezza lineare della città. Gli angoli sono utilizzati al meglio per creare immagini che mostrano il paesaggio urbano come un mondo di strutture monumentali di acciaio e di vetro, simili nella loro essenza, a delle sculture che si drizzano verso il cielo. Immensi pannelli pubblicitari, mostrando visi enormi, giustapposti all’architettura aggiungono una strana umanità a questo ambiente peraltro sterile. Quando appaiono individui, le loro sagome sono indistinte, spettrali, e si muovono dietro una lastra di vetro traslucido lavorato. In un caffè all’aria aperta, ombrelloni sistemati in cerchi concentrici nascondono ogni essere  suscettibile di pranzare al loro riparo, mostrando di nuovo una versione surrealista della città, priva dalla gente che la crea e l’abita. Un po’ come se la città sorgesse dalla terra completamente formata, senza l’aiuto delle popolazioni, tanto le sue strade sono vuote in queste fotografie sconcertanti.” (…)

(trad. Selim e Indira Chanderli)


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A proposito di “Metropolis”… intervista a Claude Andreini

Ho incontrato Claude Andreini al ritorno da Chicago e gli ho posto alcune domande, allo scopo di evidenziare e di meglio capire la genesi, le motivazioni e le intenzioni comunicative ed artistiche che stanno alla base di questo suo lavoro di fotografo ed artista.

Come è nata Metropolis?
“L’ispirazione per questo mio lavoro è nata visitando tante città europee, grandi e piccole, dove ho avuto la sensazione che l’architettura moderna, rigorosa, funzionale, fatta di materiali  lisci e duri, come l’acciaio, brillanti e trasparenti come il vetro, non fosse affatto accettata. Idem per altre strutture, magari antichizzanti, segni di passata ricchezza, ma non certo di socializzazione; perciò al piede di slanciate torri di cristallo, l’impiegato si rifugia a sorseggiare una bibita sotto ombrelloni di paglia; lo stesso avviene nel cortile, circondato da imponenti colonne greco-romane, di un museo; sui muri poi di centinaia di appartamenti, appollaiati gli uni sugli altri, campeggiano manifesti di persone sorridenti… e così via.”

Mi sembra di capire che quello che rappresenti nelle tue foto è un ambiente urbano, alienante, che genera disagio.
“Sì, le immagini vogliono evidenziare proprio il malessere dell’uomo a vivere in strutture che non sono consone per la vita naturale a cui aspira. Esse tentano di dimostrare che la scelta è stata sbagliata e che, individualmente, nel suo piccolo, ogni individuo cerca di ricrearsi un angolo a sua misura.”

Hai colto questo stesso disagio di abitare anche a Chicago?
“La stessa domanda mi è stata fatta anche da Michael Weinstein, giornalista-filosofo americano, nel corso di una intervista, ed ho dovuto rispondere che no, non avvertivo nel paesaggio urbano americano quel disagio palpabile che avevo testimoniato con le mie foto. In effetti, la vista delle formidabili torri di Chicago, città simbolo dell’architettura americana, (grazie alle opere di Van Der Mies e Wright, fra gli altri), non mi ha fatto cogliere la stessa sensazione che mi aveva colpito in Europa. Lì, il cittadino non sembra per niente soffrire dell’assenza di dimensione umana, nonostante tutto sia enorme, gigantesco, smisurato. Forse per l’assenza di radici antiche, la modernità è totale, dalla testa ai piedi, senza compromessi: niente ombrelloni di paglia, niente bar “esotizzanti”, nessuna nostalgia affidata a poster di Lawrence d’Arabia. E quindi non ho potuto confermare la mia tesi con altri scatti americani.”

Questa tua affermazione mi sembra un po’ controcorrente.
“Ribadisco che questa esaltata struttura architettonica non ha tolto umanità ai rapporti tra cittadini. Da tanto tempo avevo dimenticato il saluto sistematico di sconosciuti quando entri in un negozio; la conversazione con estranei che, curiosi, ti chiedono cosa stai fotografando sul marciapiede; la moneta che ti rendono sul palmo della mano e non sul freddo vetro del banco; o lo scambio di biglietto da visita quando inviti una persona, mai vista e conosciuta prima, alla tua mostra. Insomma ho avuto la sensazione che effettivamente ci sia a Chicago un “homo diversus” da quello europeo, adattato alla struttura della città. Di conseguenza, per integrare e sviluppare, per contrasto, la mia tesi, ho fatto foto di quella architettura, di quelle persone, di quella modernità.”

Sarà possibile vedere allestita anche qui da noi qualche tua mostra?

“Ottobre 2005: New York. 2006: Chicago e Ginevra.
Sono quindici anni che le mie opere sono inserite in collezioni pubbliche e private internazionali e che insegno ed espongo fotografia in giro per il mondo, ma mai ho avuto la possibilità di farlo a Gruaro. Il perchè…”

Ultimo lavoro visibile: http://www.photodigitalgrosseto.com

Sito ufficiale

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