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Aquamater

ASSOCIAZIONE CULTURALE RIZOO
con la promozione del
COMUNE DI FOSSALTA DI PORTOGRUARO

PRESENTA

AQUAMATER

AQUAMATER è una celebrazione dell’acqua, una riflessione declinata attraverso diverse proposte culturali che fondono parole e immagini, scienza e arte, in conferenze, mostre (pittura, fotografia, video-arte, installazioni), concerti e spettacoli teatrali. Luogo e spazio della manifestazione è Villa Mocenigo di Alvisopoli, ideale contenitore sensoriale per il suo naturale rapporto con l’acqua.

INAUGURAZIONE SABATO 14 MAGGIO 2011 ORE 18:00
Villa Mocenigo – Alvisopoli di Fossalta di Portogruaro

informazioni nei file allegati e su www.rizoo.it


MOSTRE DAL 14 MAGGIO AL 5 GIUGNO 2011

GLI ARTISTI:

108, Alessandria

Elisabetta Di Sopra, Venezia

FFRame, Portogruaro (Ve)

Opla+ (giorgio chiarello, marco pasian), Portogruaro (Ve)

ENZIMA (Alessandro Coccolo, Alessandro Moro, Cristina Morettin, Faiza Cavallaro, Giulia Tambone, Marco Cecchinato, Marco Doro, Matteo Bortolussi, Enrico Bernardini, Sara Romanin, Gianluca Falcomer, Luca Pellegrini, Simone Falcomer), Portogruaro (Ve)

&A! (progetto itinerante per la libera sperimentazione artistica di interpretazione del senso e del luogo, che in questa occasione vede il coinvolgimento di: Carlo Pavan, Nicola Pavan, Enrico Sandonà, Marco Sandonà, Rizoo)

Luca Bidoli, Gruaro (Ve)

Maba degli alberi, Bosco Friuli

Marco Cecotto, Trieste

Pierpaolo Febbo, Portogruaro (Ve)

Riccardo Casagrande “Sammo”, Conegliano (Tv)

Roberto Sartor e Chiara Pecenik, Venezia

Silvia Lepore e Sandro Pellarin, Portogruaro (Ve)

Tellas, Cagliari

Valentina Brunello, Gorizia

ORARI DI APERTURA:
venerdì dalle 14.30 alle 19.30
sabato, domenica e 2 giugno dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 19.30


MUSICA

VENERDI’ 20 MAGGIO DALLE ORE 21:00 (in caso di pioggia il concerto verrà annullato)

AQUALIVE!

Opening:

dj set live Marco C.

On stage:

Vectigal

Diamond Dogs

Real Illusion

Il Vescovo e il Ciarlatano


TEATRO

SABATO 28 MAGGIO ORE 21:00

ARACATI
Il vento porterà

Progetto di: OfficineDuende
regia: Roberta Ruggiero, Marco Sorzio
Scuola di Teatro – Centro RUA
danza: Laura Vio

Nel nordest del Brasile c’è un vento – l’Aracati – che nasce dal mare e , dove passa, lascia storie a chi vuole ascoltare.
Ne abbiamo immaginate alcune; le abbiamo costruite usando per materia l’aria di un canto e la carezza di una danza.
Sono racconti fragili, e basta poco per sfaldarli – un soffio, e poi sono di nuovo nel vento.

MERCOLEDI’ 25 MAGGIO ORE 21:00

Conversazione sul teatro contemporaneo e piccola guida allo spettacolo Aratati presso la BIBLIOTECA DI FOSSALTA DI PORTOGRUARO

VENERDI’ 3 GIUGNO ORE 21:00

PATANOSTRADA / LA TERRA

di Sandra Mangini e Stefano Rota
con Stefano Rota e Max Bazzana
regia Sandra Mangini e Stefano Rota

Patanostrada, la Terra è un racconto comico e poetico, popolare e contemporaneo, dedicato alla cultura della Terra.
Si racconta l’epopea dei braccianti veneti che parteciparono alla Grande Bonifica Integrale.


CONFERENZE

DOMENICA 22 MAGGIO ORE 10:30

LA GESTIONE DELL’ACQUA TRA SCIENZA E SOLIDARIETA’

Relatori:

Prof. Alessio Alessandrini (Presidente di Acque del Basso Livenza S.p.A.)

Ing. Giancarlo De Carlo (Direttore Generale di Acque del Basso Livenza S.p.A.)

DOMENICA 29 MAGGIO ORE 10:30

ACQUA DA ROTTAMARE La ricerca applicata al recupero dai reflui di scarico

Relatore:

Diego Lorenzon (Presidente C.A.I.B.T. S.p.A)

DOMENICA 5 GIUGNO ORE 10:30

LA SPERANZA IN UNA GOCCIA La gestione delle risorse idriche in Africa orientale

Relatori:

Associazione Giovanni Lorenzin

Dott.ssa Rachele Lodi

  Manifesto Aquamater, 14 maggio 2011 (244,2 KiB, 3 download)
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  Comunicato stampa Aquamater (24,1 KiB, 19 download)
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PArCo: Pordenone Arte Contemporanea

La città friulana si affaccia al mondo dell’arte contemporanea con due nuovi spazi e due grandi mostre.

Anche Pordenone ora ha il suo centro d’arte, PArCo – Pordenone Arte Contemporanea -, situato presso le stanze di Villa Galvani all’interno dell’omonimo parco. Allo storico palazzo è stato affiancato un nuovo e più ampio edificio, adibito anch’esso a spazio espositivo, in una fortunata integrazione tra passato e presente. La struttura si compone appunto della villa veneta restaurata, sviluppata su tre piani e dal classico impianto architettonico, e da un nuovo ampliamento che ospita l’ingresso principale, nuove sale espositive, un centro congressi e altri spazi destinati ai servizi museali. I due edifici sono adiacenti e comunicanti e si sviluppano per una superficie complessiva di circa 1.800 mq, di cui 1.200 mq circa adibiti a spazi espositivi.

La galleria è stata progettata per poter ospitare opere di ogni genere e dimensione, e mostre complesse ed eterogenee. La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Armando Pizzinato” (Maniago 1910 – Venezia 2004), così è stata intitolata la struttura museale in memoria di  uno dei più importanti artisti italiani del secondo dopoguerra, raccoglie una collezione di dipinti, sculture, incisioni, fotografie del Novecento provenienti dal Museo Civico d’Arte di Pordenone. Una raccolta importante che annovera i migliori artisti del territorio, tra i quali: Mirko Basaldella, Corrado Cagli, Armando Pizzinato, Luigi Vettori, Giuseppe Zigaina e Luigi Zuccheri. Vi è affiancata inoltre la Collezione Ruini, voluta dall’Ing. Roberto Ruini, che riunisce insieme opere di Giorgio De Chirico, Massimo Campigli, Roberto Crippa, Filippo de Pisis, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Alberto Savinio, Mario Sironi. Infine la Galleria possiede una raccolta di opere grafiche di Pablo Picasso, Georges Braque e Marc Chagall.

Per l’inaugurazione di questo nuovo spazio si è scelto di esporre il lavoro di un artista italiano dall’intensa e prolifica attività, in concomitanza con il centenario della sua nascita: Corrado Cagli e il suo magistero. Mezzo secolo di arte italiana dalla Scuola Romana all’astrattismo. La mostra, visitabile dal 13/11/2010 al 30/01/2011, si articolava principalmente in due sezioni, suddivise nei due corpi della galleria: la prima, allestita presso il nuovo edificio, seguiva il percorso artistico ed intellettuale dell’autore, proponendo una selezione di opere che ne esplicavano la spiccata poliedricità, ripercorrendo stili, periodi, e idee del suo fare arte. La seconda parte, organizzata a sua volta in varie sezioni era dedicata all’influenza di Cagli nel panorama italiano, si sviluppa sui tre piani delle stanze della Villa.

Questa esposizione ha ben dimostrato l’attività di Corrado Cagli (Ancona, 1910 – Roma, 1976) e la sua grande abilità tecnica e padronanza artistica in diversi campi, collocandosi come fulcro propulsivo del contesto italiano tra gli anni trenta e settanta del Novecento. E’ stata sottolineata inoltre l’influenza di Cagli nei confronti di molti artisti suoi coetanei, alcuni dei quali friulani, in particolar modo per i tre fratelli Basaldella. Affinità di stile vi fu anche con lo stesso Pizzinato, con il quale condivise le ideologie del Formalismo astratto. Ma fu la cerchia della Scuola Romana (Capogrossi, Cavalli, Melli) che subì maggiormente la presenza di Cagli, il quale contribuì alla stesura del Manifesto del Primordialismo Plastico del 1933, nel comune intento di realizzare una ricerca pittorica prevalentemente improntata sul tonalismo.

Alla sede principale si è deciso di “affiancare” un secondo edificio, chiamato appunto PArCo 2 – Spazi Espositivi di Via Bertossi, una vecchia scuola realizzata nel 1925 su una costruzione preesistente situata in un palazzo del centro storico, riqualificato anche grazie alla collaborazione del noto architetto tedesco Thomas Herzog. Nelle sette grandi stanze si è scelto, per l’inaugurazione (dal 06/11/2010 al 30/01/2011), di ospitare la prima personale italiana del fotografo americano Jim Goldberg (California 1953): foto, video, oggetti, testi, per esplorare tutte le principali tappe della profonda esperienza dell’artista, come i più noti progetti “Rich and Poor”, “Raised by Wolves” e “Open See”, ed altri scatti inediti esposti per l’occasione. Indagine sociale e ricerca documentaristica si intrecciano, esaltati da un allestimento magistralmente sofisticato ed accogliente, una mostra profonda e ben curata.

Due esposizioni di valore ed importanza, allestite in spazi funzionali e ben strutturati, due sedi espositive decisamente istituzionali, che mirano a rafforzare il progetto culturale della città.

Per info: http://www.artemodernapordenone.it/

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Visita guidata alla mostra di Melozzo da Forlì

Come già pubblicato sulla nostra pagina facebook, ricordo a tutti i potenziali interessati che stiamo organizzando per domenica 8 maggio 2011 una visita guidata alla mostra di Melozzo da Forlì.

Ci sono ancora posti disponibili ed il prezzo è veramente contenuto (comprende autobus e guida alla mostra, partenza ore 7:00 da Piazza San Giusto a Gruaro; pranzo autonomo).

Per ulteriori informazioni o per aderire, potete commentare di seguito, contattarciaderire su facebook o telefonare a Luisella al 368 3599006.

Il sito della mostra: http://www.mostramelozzo.it/

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Mostra Febbo vs mABA il 09-10 aprile 2011 a Portogruaro

RIZOO Group in collaborazione con Officine Duende

è lieta di invitare la S.V.

all’inaugurazione del secondo evento artistico Pop up
con la mostra

“Scarti impersonali”

di Pierpaolo Febbo vs mABA

L’inaugurazione si terrà sabato 09 aprile 2011 alle ore 11:00

presso il Centro RUA in Via Filzi n°5 (laterale di Viale Venezia) a Portogruaro (Ve)

con letture e musiche a cura di Officine Duende e
alle ore 18:30 musica per le piante verdi live-set

La mostra sarà visitabile:

sabato 09 aprile dalle 11.00 alle 19.00 e
domenica 10 aprile dalle 10.00 alle 19.00

Info:
http://www.rizoo.it/
http://www.flickr.com/photos/la_battaglia_degli_alberi/
http://centrorua.blogspot.com/

RIZOO è un’associazione culturale, formata da professionisti in diversi settori, dall’architettura, all’arte, alla comunicazione, che ha l’intento di ridiscutere l’attuale panorama artistico – culturale. L’associazione si propone di affrontare questo obiettivo con un approccio multidisciplinare, capace di coinvolgere contemporaneamente diversi punti di vista in un’unica fruizione.

PIERPAOLO FEBBO nasce a Portogruaro il 17 marzo 1981. Si diplomo all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2008. Dallo stesso anno insegna disegno e storia dell’arte. Vive e lavora a Fossalta di Portogruaro (Ve).

mABA è un artista “primitivista” (a.k.a. MDA) e musicista minimale (a.k.a. Len), Maba sta sviluppando su binari paralleli un progetto artistico di grande impatto. Pitture e sculture che sembrano, quando non sono, dei rituali. Spesso in luoghi abbandonati dall’uomo di cui la natura si sta di nuovo impossessando, anche se non manca di farsi notare nell’ambiente dell’arte contemporanea (Illegal Word Art Genova 2007; Junkbuilding Triennale Bovisa, Milano 2008; Sopra il Sotto, Manhole Art Milano 2009; hEART(H) Palazzolo dello Stella 2009; Sweet Sheets III Palermo 2010).

  Locandina mostra Pierpaolo Febbo vs mABA (204,0 KiB, 0 download)
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  Cartolina mostra di Pierpaolo Febbo vs mABA, 9-10 aprile 2011, Portogruaro (57,9 KiB, 0 download)
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  Cartolina mostra di Pierpaolo Febbo vs mABA, 9-10 aprile 2011, Portogruaro (94,3 KiB, 0 download)
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“Il gioiellino” di Andrea Molaioli

14 miliardi di euro di debiti, 100mila risparmiatori truffati.
Basterebbero queste crude cifre a spiegare la necessità di un film sul crac Parmalat (il più grande mai avvenuto in Europa).

Un film di denuncia, secondo una tradizione di cinema civile come tanti maestri del passato (penso a Rosi, Petri, Montaldo…), non un film d’inchiesta, ma che risponde al fondamentale bisogno di documentazione storica dei nostri tempi, ed in particolare di cosa abbia rappresentato, in certi frangenti, il capitalismo nostrano.

In questo senso, il regista Andrea Molaioli, alla sua seconda opera dopo il già apprezzato “La ragazza del lago”, non si fa scrupoli ad affrontare un tema così caldo ed attuale(1) come quello del crac finanziario del gruppo di Collecchio, fondato e capitanato dal ragionier (ed ex-cavaliere del lavoro, ed ex-laureato honoris causa) Calisto Tanzi e dal suo fidato braccio destro Fausto Tonna, direttore finanziario.

Ovviamente tutti i nomi sono fittizi e puntualmente cambiati rispetto agli originali (tutela doverosa, essendo la vicenda giudiziaria ancora aperta e l’azienda in corso di risanamento(2)), da quello dell’azienda “LEDA”, a quello del proprietario Amanzio Rastelli (Calisto Tanzi) e del ragionier Ernesto Botta (Fausto Tonna), ma i riferimenti sono chiari e precisi.

Tralasciando in questa sede tutta la cronistoria e vicenda del caso finanziario di Parmalat, ciò che mi interessa mettere in luce è la riuscita o meno di un lavoro che sin dalle sue premesse, e per la delicatezza del tema, si presta anche ad una critica politica, oltre che artistica.

Distinguerei dunque da subito i due ambiti.

Il primo è quello prettamente cinematografico.

Il film da questo punto di vista funziona alla perfezione, perchè da quasi tutti i punti di vista è curatissimo: ben girato, ben fotografato, ottimamente montato.
Le musiche in particolare colpiscono e si sposano perfettamente allo sviluppo della vicenda: nella loro fantastica eterogeneità accarezzano i momenti più tragici ed esaltano quelli di maggior pathos. Veramente lodevole il lavoro del pordenonese Teho Teardo.

Gli interpreti sono tutti di altissimo spessore: Toni Servillo (nei panni del contabile Botta) non ha bisogno nè di presentazioni nè di gratificazioni critiche, la sua popolarità è al massimo ed è meritata. Credo che al momento sia l’attore italiano maggiormente preparato, anche se lo attendo in ruoli un po’ più “fisici”, per esprimermi definitivamente.
Remo Girone (nei panni del presidente Rastelli) tiene testa più che degnamente a Servillo, e rende gratificante notare il misto di megalomania e modestia che riesce a tratteggiare nel proprietario dell’azienda (sua è la grottesca definizione “LEDA è un gioiellino”, che da il titolo al film).
Sarah Felberbaum, che interpreta Laura Aliprandi (e cioè Paola Visconti, nipote del proprietario e con la quale Botta-Servillo instaura una desolante relazione sessuale) è un forse po’ troppo bella per il ruolo, e quella sua aria un po’ civettuola e saccente induce eccessivamente alla clemenza con il personaggio che interpreta.

La sceneggiatura è precisa e puntuale, i riferimenti alla storia reale si colgono, ma si possono anche non cogliere, le parti romanzate servono solamente a rendere più scorrevole la trama e dopo un po’ di tempo si può smettere di cercare nella vita reale i personaggi che via via scorrono o si citano sullo schermo (De Mita, Geronzi, Berlusconi, Ciarrapico, etc…). Se una critica si può muovere, è la spiegazione un po’ troppo sbrigativa degli strumenti finanziari utilizzati per nascondere o rinviare i debiti che via via si moltiplicavano nell’azienda, dando allo spettatore non preparato un senso di smarrimento, sia per la velocità dell’indebitamento stesso, che per l’apparente semplicità nell’offrire soluzioni da parte del ragionier Botta.
In questo senso l’unico dialogo veramente chiaro è quello riportato dal sottotitolo del film: “se i soldi non ci sono, inventiamoceli”, formula che spiega semplicemente a cosa possa condurre il reato di falso in bilancio (praticamente depenalizzato da Berlusconi).

Infine, ma non da ultimo, la scelta di raccontare la crisi di Parmalat dall’interno, permette al regista di coinvolgere maggiormente lo spettatore nelle biografie di questi personaggi da operetta, provinciali e limitati, ma a loro modo geniali nelle truffaldinerie contabili che utilizzano.

(segue)

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Emma Marrone ad Annozero

Ebbene sì. Ammetto la mia ignoranza. Prima di ieri sera ed Annozero, non ero consapevole dell’esistenza (e fama) di una giovane cantautrice rispondente all’appellativo di Emma Marrone.

La puntata di ieri sera della trasmissione di Michele Santoro parte infatti spumeggiante, con una ballata dedicata a Sacco e Vanzetti, da ella cantata.

Sono entusiasta, e non solo per le nostalgiche attrazioni bakuniane di gioventù, “Wow, una giovine anarchica all’interno dello showbiz!”, mi sono detto. Visto poi lo scarso seguito che da sempre le “eretiche” idee anarcoidi hanno avuto nella storia e vista la rappresentazione che oggi se ne fa (anarchico = black bloc), ho ammirato dentro me la scelta di ospitare una rappresentante di un mondo così distante da quello “consuetudinario”.

Purtroppo i primi dubbi di aver frainteso qualcosa li ho avuti poco dopo, quando, a precisa domanda di Giulia Innocenzi se fosse anarchica, la signorina ha risposto: “l’unica cosa in cui credo da qualche tempo è Dio, che è l’unica cosa certa”… e lì qualche sospetto m’è venuto.

Però ero ancora emozionato dalla rievocata (almeno da me) vicenda di Sacco e Vanzetti, quindi ho concluso che se dopotutto adesso ci si può definire “comunisti e cattolici” (Vendola dixit), magari si potrà pure dirsi “anarchici e credenti”. Massì, mi sono detto: ci sono tanti preti “anarchici”, pensa a Don Gallo, Padre Zanotelli, Don Ciotti, insomma l’importante è ciò che fai, non ciò che senti.

Inoltre mi piaceva, quel suo parlare terra terra, da “donna del popolo”, di una che non ha potuto studiare molto… (si scusava continuamente della sua scarsa proprietà lessicale) ed ero proprio incuriosito dal sentire cosa avesse da dire.

Poi ho letto che è diplomata al liceo classico, ed un po’ mi son sentito imbarazzato, perchè evidentemente la scuola non trasmette granchè; poi ahimè ho ascoltato cosa avesse da dire, e mi son sentito ancor più imbarazzato, per le seguenti ragioni.

Partendo da un'”arguta” osservazione sui giovani libici, a suo dire arrabbiati perchè cresciuti in famiglie sfinite dal clima di oppressione e dittatura, la signorina Marrone ha analizzato la situazione dei giovani italiani, i quali, sempre a suo dire, sarebbero cresciuti in famiglie dove la sterile e continua contrapposizione tra “destra” e “sinistra” ha impedito loro di ragionare, di parlarsi e di combattere uniti “per un futuro migliore” (diciamo così…).
Tralasciando i classici stereotipi sul vestiario di destra e sinistra, o le poco felici battute: “Alla fine siamo disoccupati di destra e disoccupati di sinistra, ma sempre disoccupati siamo”:  la cantautrice suggerisce che “noi” giovani dobbiamo unirci sopra qualsiasi differenza od opinione politico-ideologica (già trovarne, di giovani con idee politiche definite…).

Spietato, Santoro le ha ripetutamente chiesto: “ma uniti per fare che? Per ottenere cosa?”… e la risposta è stata: “la libertà di dire una cosa senza essere etichettati”… cioè il problema dei giovani sarebbe quello di essere definiti via via “fascisti” o “comunisti”…

Conclude infine il proprio intervento con un’altra geniale proposta: “facciamo un partito unico e cerchiamo di salvare l’Italia”. Cioè una bella dittatura e via!

Scusate, ma veramente: che pena… potrei capire se fosse una ragazzina, ma da quel che leggo è donna fatta e matura.

Quando sento discorsi come questo mi viene sempre in mente Nanni Moretti in Ecce Bombo: “te lo meriti Alberto Sordi, te lo meriti!”.

L’intervento di Emma Marrone ad Annozero, 3 marzo 2011

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Melozzo da Forlì. Il maestro dell’arte del sotto in su

Si è aperta il 29 gennaio a Forli, ai Musei domenicani, una mostra, che si protrarrà fino al 12 giugno 2011, dedicata a Melozzo da Forlì, che ritengo valga la pena essere visitata, per la sua ricchezza ed articolazione.
Con questa esposizione la città intende celebrare il suo artista più famoso, raccogliendo, per la prima volta, gran parte delle sue opere mobili.

Già in passato egli è stato oggetto di importanti manifestazioni, ma non era mai stata fatta una riflessione sul ruolo centrale da lui svolto nella vicenda del Rinascimento italiano, e questo è certamente uno dei principali obiettivi che si prefigge questa mostra; ma andiamo con ordine e chiediamoci  chi fosse questo pittore: Melozzo di Guliano degli Ambrosi, detto Melozzo da Forlì (Forlì, 1438-1494) è stato il massimo esponente della scuola forlivese di pittura nel XV secolo. Fu inoltre architetto.

Egli si era ben presto allontanato dalla sua città natale per approdare ai centri più vitali del Rinascimento, nei quali attingere ispirazione, quali Padova, Urbino, Roma, dove sarebbe diventato l’artista di punta negli anni del pontificati di Pio II e di Sisto IV, fino a meritarsi il titolo di Pictor papalis.
La conoscenza di Mantegna e soprattutto di Piero della Francesca lo aveva portato  ad aderire alle nuove certezze della prospettiva matematica, salvo poi intraprendere, a partire dall’affresco nell’abside della chiesa dei Santi Apostoli a Roma, una personale ricerca sulla bellezza  della figura umana. Unì l’uso illusionistico della prospettiva, tipico di Andrea Mantegna, a figure monumentali, rese con colori limpidi, vicine ai modi di Piero della Francesca, umanizzandone l’astrazione, e alla bellezza ideale di Raffaello, cercando una lingua comune tra le scuole artistiche italiane. Fu anche un innovatore: fu infatti il primo ad usare lo scorcio dal basso, “l’arte del sotto in su”, la più difficile. Osservando le sue opere ci si rende conto come Melozzo sia un pittore che riesce a racchiudere in esse una molteplicità di aspetti: sono piene di colore e di figure dal volto roseo, quasi etereo, e dallo sguardo molto espressivo,(c’è insomma una grande attenzione all’aspetto umano dei soggetti rappresentati); ma è curato anche l’aspetto architettonico, la prospettiva è infatti precisa e rigorosa. La luce poi è chiara, le ombre schiarite e i volumi delle architetture solenni. Si deve notare anche la bellezza delle decorazioni e dei panneggi delle vesti.

Tornando alla mostra, per far comprendere meglio il contesto in cui si è sviluppata l’attività di questo artista, essa colloca, accanto alle opere di Melozzo, alcuni capolavori degli artisti con cui il nostro venne a contatto nel corso della sua formazione, da Andrea Mantegna a Piero della Francesca, a Bramante.
Viene poi presentata ed analizzata la  sua  attività a Roma, dapprima ai Santi Apostoli, e poi nella Biblioteca Vaticana, mettendola a confronto diretto con le opere degli artisti che conobbe nella città dei papi, come ad es. il Beato Angelico, da cui prende la luce tersa.

A Roma Melozzo si trovò impegnato nella riproduzione di immagini sacre, il cui studio si riflette nel Salvatore della Galleria nazionale di Urbino e nel San Marco dell’omonima chiesa romana.
Nello stesso tempo, forte dell’appoggio della famiglia Riario, seppe dar voce alle ambizioni culturali della corte pontificia, che richiamava in quegli anni artisti da tutta Italia, tra i quali Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino, Alessandro Botticelli, di cui sono presentate in mostra importanti testimonianze. Viene così sicuramente documentato, anche attraverso arredi, paramenti liturgici e codici miniati, il lusso dell’arte papale.

Il sito della mostra: http://www.mostramelozzo.it/

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A proposito de “La versione di Barney” di Mordecai Richler

Chi non ama l’umorismo ebraico non deve leggere questo libro!
E nemmeno chi si stanca o si perde nelle divagazioni narrative, nei salti dei piani temporali o spaziali, nelle funambolerie apparentemente illogiche dei livelli storici.
Ma neanche coloro che non accettano uno stile espressivo spesso volgare, offensivo, irriverente e sempre, assolutamente, totalmente politicamente scorretto!
Ecco, per tutti costoro – sono avvisati – La versione di Barney è lettura decisamente vietata!
A tutti gli altri il libro è permesso, anzi vivamente consigliato.

Barney Panofsky, alcolizzato produttore televisivo franco-canadese, ebreo, ormai quasi in bolletta, è un personaggio che prende il lettore a sberle in faccia (sberle yiddish, naturalmente) e lo fa attraverso il racconto della sua mirabolante picaresca esistenza, alternando flashback a momenti di contemporaneità vissuta ( vedi la descrizione dei disturbi alla prostata che funziona male quanto la sua memoria) profondamenti amari.
La sua è una specie di arringa difensiva, presentata sotto forma di confusa, spesso sconclusionata, sempre sarcastica biografia, per difendersi da un’accusa di omicidio – da cui per altro è già stato assolto per mancanza di prove – rivoltagli da un suo vecchio conoscente.
Nel racconto, tutto si mescola, si avvita, esplode tra i membri dell’intelligentia parigina, in mezzo ai quali gli è capitato di vivere negli anni del dopoguerra, su cui l’occhio e soprattutto l’affilata e bisbetica lingua di Panofsky si lanciano con dissacrante cinismo, svelando i fariseismi sia di una certa borghesia intellettuale sia dei sostenitori americani ed europei dello stato di Israele.
E tra tutti questi apparenti sproloqui, accuse, insulti, autogiustificazioni e invettive, scorrono anche le storie d’amore, anzi l’unica vera storia d’amore della vita di Barney: quella con Myriam, la terza moglie da cui ha avuto tre figli ed è divorziato, l’unica donna per lui degna di questo nome, nonostante i continui, sarcastici e impudenti distinguo.

C’è da aggiungere altro?
L’umorismo anarchico, sfrontato, irriverente, yiddish di M.Richler non potrà non affascinare un lettore acuto e spiritoso, che alla fine del libro scoprirà, perfino, di amarlo.

E’ augurabile che il film, tratto dal romanzo, riesca nello stesso intento.

links:

anobii

wiki

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Mostra Brunello il 12-13 febbraio 2011 a Portogruaro

RIZOO Group in collaborazione con l’Associazione Officine Duende

è lieta di invitare la S.V.

all’inaugurazione del primo evento artistico Pop up
che si aprirà con la mostra fotografica

“Gli occhi di Chiara”

di Valentina Brunello

L’inaugurazione si terrà sabato 12 febbraio 2011 alle ore 11:00
presso il Centro RUA in Via Filzi n°5 (laterale di Viale Venezia) a Portogruaro (Ve)

Letture e musiche a cura di Officine Duende

La mostra sarà visitabile:
sabato 12 febbraio dalle 11.00 alle 19.00 e
domenica 13 febbraio dalle 10.00 alle 19.00

Info:
http://www.rizoo.it/
http://www.valentinabrunello.eu/
http://centrorua.blogspot.com/

RIZOO è un’associazione culturale, formata da professionisti in diversi settori, dall’architettura, all’arte, alla comunicazione, che ha l’intento di ridiscutere l’attuale panorama artistico – culturale. L’associazione si propone di affrontare questo obiettivo con un approccio multidisciplinare, capace di coinvolgere contemporaneamente diversi punti di vista in un’unica fruizione.

VALENTINA BRUNELLO nasce nel 1970 a Gorizia, dove vive e lavora. Ha sviluppato l’interesse per la fotografia parallelamente agli studi universitari in architettura a Venezia. I temi che ha affrontato sin dai primi scatti analogici in bianco e nero riguardano principalmente il paesaggio urbano ed i soggetti architettonici; negli ultimi anni sta approfondendo il tema del ritratto utilizzando prevalentemente attrezzatura digitale. Numerose le mostre collettive e personali tra cui: Maninfesto – Fotografia in Friuli Venezia Giulia, Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea, Passariano-Codroipo (Ud); Tracce, Eurart 2005, Casa Morassi, Gorizia, 2006, mostra collettiva; 6 x una mostra, Centro Culturale Bratuz, Gorizia, 2005, mostra collettiva; Entrata Libera, Gruppo E-20, Gorizia, 2004, mostra collettiva; Spiaggia libera, Galleria La Fortezza, Gradisca d’Isonzo, 2010, mostra personale.

  Locandina mostra fotografica di Valentina Brunello (172,5 KiB, 5 download)
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  Cartolina mostra di Valentina Brunello, 12 febbraio 2011, Portogruaro (83,9 KiB, 1 download)
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  Cartolina mostra di Valentina Brunello, 12 febbraio 2011, Portogruaro (42,5 KiB, 2 download)
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Cima da Conegliano: un pittore da riscoprire attraverso i suoi paesaggi e i suoi colori

La mostra: “CIMA DA CONEGLIANO: PITTORE DI PAESAGGIO” si è tenuta nella cittadina veneta a palazzo Sarcinelli dal 26 febbraio al 2 giugno 2010.
Pittore di paesaggio perché possiamo vedere, osservando i suoi dipinti, come in essi ci siano delle copie fedeli del territorio natale così come  appariva al tempo di Cima tanto che possiamo riconoscerlo e confrontarlo con quello odierno.

Questa mostra è stata molto importante perché è stata la prima su Cima nella sua città d’origine ed è stata la seconda in assoluto sul pittore, infatti l’altra è stata ospitata nel 1962 nel Palazzo dei Trecento  a Treviso.
È stata anche la prima volta che le opere esposte sono state riunite tutte insieme, perché alcune di queste facevano parte di collezioni private e altre uscivano per la prima volta dal museo dove erano conservate.

Ma chi era Cima da Conegliano? Il suo vero nome era Giovanni Battista da Conegliano, detto Cima perché i suoi genitori erano cimatori, cioè lavoravano nella preparazione dei tessuti in particolare nella finitura dei panni di lana.
Solo scarsi documenti permettono di ricostruirne la vita.
Egli è nato dunque a Conegliano e la sua casa esiste tuttora dietro il duomo.
La data di nascita (1459 o 1460) non è accertata. Si dice sia stato allievo di Giovanni Bellini, Bartolomeo Montagna o Alvise Vivarini.
Cima aveva una bottega a Venezia, abitava a palazzo Loredan, in campo San Luca; pagava un affitto caro, ma lui se lo poteva permettere perché era ricco, infatti possedeva terreni proprio a Conegliano.
Il fatto che fosse ricco gli consentiva di usare nei suoi dipinti anche materiali preziosi come ad esempio il blu oltremare, che veniva fatto con i lapislazzuli.
Cima è sempre stato molto legato al luogo dov’era nato, si dice infatti che rappresentasse Conegliano nei suoi dipinti perché ne aveva nostalgia; inoltre si sa che, pur vivendo a Venezia, tornava ogni estate a Conegliano. Infatti qui  muore nel 1516/7.
La mostra si pone l’obiettivo di ridare a Cima da Conegliano la giusta collocazione nella pittura veneziana, infatti egli è sempre stato poco considerato, forse anche per la sua vita non segnata da episodi significativi come può essere stata quella di un Giorgione, il genio morto giovane.
Spesso è stato ritenuto rustico, un artista poco capace di inventare cose nuove ma solo di copiare ciò che facevano gli altri pittori del periodo. Questo non è vero, basti pensare che se Bellini era impegnato a Palazzo Ducale e quindi era “il pittore del doge”, a Venezia in quel periodo ci si rivolgeva a Cima per commissionare le pale d’altare.
Esaminiamo ora in dettaglio com’è organizzata la mostra: le opere si trovano al piano nobile di palazzo Sarcinelli sono 38, distribuite in 7 sale; l’esposizione segue un ordine cronologico. Tutte le sale sono organizzate in modo da far risaltare l’opera principale di quel periodo. In successione troviamo il polittico di Olera, ancora legato alla tradizione tardo gotica, la pala di Vicenza, dove Cima inizia ad ambientare in esterno le sue opere, la pala di Parma, in cui è rappresentata l’incredulità di San Tommaso, il trittico di Navolè, Raffaele e Tobiolo.
Interessante era la tecnica che egli usava.
Egli dipingeva soprattutto su tavola, che approntava stendendo due strati: uno di preparazione, fatto di gesso e colla, e uno chiamato imprimitura che serviva a rendere più liscia e omogenea la superficie dove poi Cima andava a disegnare. Seguendo poi la traccia del disegno veniva steso il colore. Dato non per strati ma per velature molto sottili che facevano intravedere ciò che stava sotto. Spesso poi nell’ultima fase Cima interveniva con i polpastrelli per ottenere particolari sfumature.
Una tecnica sopraffina quindi la sua, che trova espressione non solo nelle figure ma anche nei cieli e nel paesaggio “…declinato poeticamente in valli e rocche definite dall’intensità di albe e tramonti, che saldano uomini e natura in indissolubile unità” (Giovanni C. Villa).

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