A proposito di “Cultura”…

Questa volta, tocca a me tentare di definire  la cultura.
Niente enciclopedie, solo una sensazione: la cultura è l’anima di una civiltà. Come tanti ne siamo convinti, credenti o no, l’anima, se c’è, vive anche senza il corpo. Così la cultura.
I Maya sono scomparsi da secoli, i Faraoni, i Vichinghi e gli Etruschi altrettanto. Eppure, scavando la terra o avventurandosi sulle montagne, si riesce a fare un quadro preciso della loro civiltà, grazie alla loro cultura. Osservando resti del loro passato si riesce a definire il loro modo di vivere e di pensare. Ciò significa che la presenza fisica di una persona o di una popolazione non è necessaria per dare la prova di una civiltà e che la cultura di queste persone perdura nei tempi dopo la loro scomparsa. Perciò la cultura è una visione, una sensazione, una conoscenza, un bagaglio che riposa su tutto quello che è stato creato dall’uomo. Umile o raffinata,  si scopre l’influenza che può aver avuto su altre zone del pianeta, ma alla fine si intuisce la causa della propria sparizione, legata all’arrivo di un’altra cultura, nuova, inaspettata, più forte, moderna insomma.
Spesso gli storici spiegano la comparsa di nuove culture e l’eliminazione di quelle più antiche, con l’incapacità di quest’ultime di trovare un’allenata capacità di adattamento interiore a sopraggiunti elementi esterni di aggressione.
Da lì la mia convinzione che la cultura è una cosa viva, e come ogni essere vivente invecchia, decade, si immobilizza, se non riceve linfa fresca in continuo. La linfa della cultura è ricca di innovazione, di osservazione, di scambi, di tolleranza e di intelligenza. Tutti elementi di disturbo e scomodi e destabilizzanti per chi vuole accontentarsi di una cultura che chiama “tradizionale” ma che è solo mummificata.
La storia ci insegna che la cultura ha fatto balzi in avanti solo quando è stata turbata da elementi in contrasto con quella precedente. La pittura e le sue innumerevoli scuole, la filosofia e i suoi  successivi maestri, la musica, le lettere, le scienze, … Tutte le materie che costituiscono la nostra cultura  sono evolute a forza di colpi di scena, da Einstein a Picasso, da Euclide a Galileo, da Rodìn a Christò, da Nadar a Mappelthorpe.
Senza eccezione, questi geni sono partiti da una cultura tradizionale, ma solo come trampolino per fare un salto in avanti nel buio certo, ma che si squarcia per fare posto ad una luce originale. Una luce che illumina chi ha capacità e coraggio di guardarla in faccia, ma che non riesce a togliere dalle tenebre chi preferisce voltargli le spalle.
Penso che respingere questa destabilizzazione dei pensieri, delle consuetudini, dei rapporti, delle idee, dei concetti sia la causa di scontri di società, razzismo, pregiudizio, dell’ignoranza in generale. La lotta è molto aspra e molto impari. Quante persone innovano o propongono alternative accanto ad una moltitudine che, quando non distrugge la novità, rimane ferma su posizioni di comodo, “perché  tutti la pensano così”? La cultura viene alimentata  da una minoranza, ed in seguito confortata dalla moltitudine. Se la società non segue, perde la  sua anima e, un giorno o l’altro, finisce in un museo, come i Maya.

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