Anche in un paese piccolo come il nostro, si possono fare, inaspettatamente, incontri interessanti ed emozionanti, che lasciano sbalorditi, piacevolmente sorpresi; è quanto è accaduto con Giovanni Daneluzzi, classe 1904, nato a Giai, dove visse fino al 1978, noto a tutti con il soprannome di “Stucchi”, in chiaro riferimento alla sua attività di decoratore.
Naturalmente la mia, visto l’anno di nascita del nostro, non è stata una conoscenza diretta, ma mediata dal ricordo delle figlie, dal loro tributo d’affetto che le ha spinte a conservare, nella restaurata casa paterna, le testimonianze tangibili della sua passione di pittore autodidatta e di freschista ancora visibile in alcune stanze. La sua realizzazione più notevole, sotto questo punto di vista, è lo studio che è stato completamente affrescato, pareti e soffitto, con un effetto particolarmente suggestivo e straniante, perché inserito in una struttura peraltro moderna. Le pareti sono suddivise da cornici e da finte paraste in riquadri, decorati con effetto marmo; il soffitto poi ha un grande rosone centrale che racchiude in una struttura architettonica classicheggiante, la figura mitologica di Aracne, tutto intorno elementi decorativi vegetali che terminano in 4 medaglioni, uno dei quali contiene l’autoritratto del pittore, mentre i rimanenti, destinati ai ritratti degli altri componenti della famiglia, sono rimasti vuoti. L’opera risale al 1969, anno dello sbarco dell’uomo sulla luna.
Altri affreschi sono visibili sul soffitto di un bagno (qui la visione, non senza una punta d’ironia, a mio avviso, è celestiale) e di una stanza da letto.
Due suoi affreschi, rappresentanti Santa Dorotea e Agnese, si trovano poi nella cappella di Villa Ronzani a Giai. Alle pareti inoltre, moltissimi quadri dipinti nel corso della sua vita, tra cui spicca un autoritratto del 1930.
La pittura e la lettura furono le sue grandi passioni, coltivate sempre, ma con maggiore assiduità quando, con l’età, il suo lavoro di decoratore prima e di imbianchino poi (i tempi ed i gusti erano cambiati dopo la guerra!) non lo impegnava più; ma anche quando era ancora attivo, approfittava dei periodi di riposo forzato, dovuto all’inclemenza del tempo, per dipingere.
Iniziò a lavorare molto giovane in quel di Trieste e Venezia e fu impegnato nel restauro di palazzi, in cui venne a contatto con modelli decorativi e pittorici che poi riprodusse nella sua abitazione.
Coltivava le amicizie e spesso invitava a casa i compagni delle partite a carte domenicali ai quali mostrava orgogliosamente i suoi quadri, che amava a tal punto da non volerne vendere alcuno; al massimo li prestava.
I tanti libri che riempiono gli scaffali dello studio sono ancora quelli che egli abitualmente comprava al mercato di Portogruaro ed attestano la sua curiosità e il suo desiderio di conoscere; giocava agli scacchi e si impegnava con tenacia a risolverne i rebus. Le figlie completano il suo ritratto con una simpatica nota di colore, sottolineando la cura quasi maniacale che il padre riservava al suo abbigliamento che risultava così elegante e ricercato e che comprendeva sempre gilè, ghette e gemelli ai polsi, ribadendo in tal modo l’originalità e unicità del personaggio nell’ambito paesano.
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