Referendum costituzionale del 25-26 giugno 2006

2. Tutte le istituzioni di garanzia (cioè i sistemi di controllo che ogni democrazia “sana” effettua nei confronti di chi detiene il potere) escono dalla “riforma” terribilmente indebolite:

  • il Parlamento, s’è visto, può subire un’enorme meccanismo di ricatto da parte del Governo (è addirittura impossibilitato a trovare un premier al di fuori della maggioranza eletta, in caso di sfiducia);
  • il Presidente della Repubblica è ridotto a semplice “notaio”, perché viene svuotato dei suoi compiti fin qui precipui, in particolare i poteri di scioglimento delle Camere, di dare l’incarico a formare il governo, di autorizzare i decreti legislativi;
  • nel Consiglio Superiore della Magistratura un terzo dei membri saranno eletti dal Parlamento, ma mentre ora possono essere eletti solo professori universitari di materie giuridiche o avvocati con almeno 15 anni di esercizio, nella “riforma” non è specificato o previsto alcun requisito. Ciò significa che si potranno eleggere al CSM anche membri meramente politici, quindi maggiormente indirizzabili, andando così a minare ancora una volta il principio di separazione dei poteri del succitato Montesquieu;
  • nella Corte Costituzionale aumentano i membri di nomina politica, da 5 a 7, e aumenterà quindi l’influenza dell’esecutivo sul potere giudiziario.

3. l’iter di formazione e approvazione delle leggi diventa completamente caotico e farraginoso: se ora sussiste un “bicameralismo perfetto” (che significa che Camera e Senato approvano entrambi le leggi e hanno pari poteri e competenze), con la “riforma” il Senato della Repubblica viene abolito e si introduce il cosiddetto “Senato Federale”, che avrà compiti diversi dalla Camera. In pratica si vanno a definire le varie competenze per tipologia di legge: alcune spetteranno alla Camera (quelle statali), altre al Senato (quelle regionali), altre ad entrambi. Il problema è che le competenze dell’una e dell’altro non sono abbastanza chiare e facilmente fraintendibili. In più se si aggiunge che il Governo potrà apporre delle modifiche alle leggi in uscita dal Senato, si può facilmente comprendere come i tempi di approvazione delle leggi possano diventare biblici, e le modalità equivoche.

4. la cosiddetta e tanto sbandierata “devolution” (pur non prevedendo alcuna forma di federalismo fiscale) ridefinisce le materie di competenza dello Stato, attribuendo alle sole Regioni la potestà legislativa in materia di:

  • assistenza e organizzazione sanitaria;
  • organizzazione scolastica (e definizione della parte dei programmi scolastici di interesse specifico della Regione);
  • polizia amministrativa regionale e locale;
  • ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Ciò, congiuntamente alla cosiddetta “clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale” (per la quale il Governo prima ed il Parlamento poi possono annullare le leggi regionali), comporterà inevitabilmente confusione nei ruoli e conflitto nei rapporti tra lo Stato e gli Enti Locali, oltre che risultare estremamente sperequata nei confronti delle Regioni più povere del nostro Paese (chi ha più soldi avrà più servizi, chi ne ha meno ne avrà di meno).
Per le suddette (ma anche altre) ragioni il testo di “riforma” risulta essere un vero e proprio obbrobrio legislativo, che dileggia la memoria di De Gasperi, Terracini e De Nicola.

Per ogni ulteriore -e più approfondita- informazione in proposito rimando al sito ufficiale del comitato “Salviamo la Costituzione”, presieduto dal Presidente Emerito Oscar Luigi Scalfaro:

http://www.referendumcostituzionale.org/

Per chi fosse interessato, di seguito il testo della “riforma”:

  Modifiche alla Parte II della Costituzione, 2005 (113,0 KiB, 0 download)
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