Come la donna viene rappresentata nella nostra società?
Nella nostra società la considerazione del ruolo femminile, pur tenuto conto del processo di emancipazione avvenuto, mantiene come costante la realizzazione dell’essere donna attraverso l’attività di cura e l’espressività affettiva, mentre l’uomo viene rappresentato come adeguato in tutti gli altri campi (lavorativo, sociale, familiare per quello che riguarda la sicurezza sia economica che fisica). Il disconoscimento di tutto ciò che la donna fa oltre il lavoro di cura, diventa un elemento culturale e sociale, aggravato spesso da atteggiamenti di occultamento della violenza sulle donne. Si parla di strategie di occultamento (2) ad esempio quando la violenza sulle donne è considerata un fatto eccezionale e, nonostante la frequenza del fenomeno, si mostra diffidenza verso le donne che raccontano di aver subito violenza. Oppure quando la violenza viene chiamata con un altro nome: la violenza domestica diventa “espressione di gelosia per troppo amore”, gli omicidi a culmine di violenze che durano per anni diventano “raptus improvvisi”, le persecuzioni dopo la separazione diventano “l’espressione di un uomo distrutto dal dolore”…
Ci sono società in cui la violenza contro le donne è accettata (lapidazioni, omicidio della donna che ha relazioni extraconiugali, uccisione delle nate femmine), e altre in cui la violenza viene sanzionata. A ben vedere però, nel nostro paese il percorso in tal senso si è rivelato spesso lento: nel 1919 si ha l’abrogazione dell’autorizzazione del marito affinché la donna possa lavorare fuori casa, solo nel 1981 è stato abrogato dal codice penale il delitto d’onore, che giudicava un omicidio a scopo d’onore (per l’uomo), meno grave di un qualsiasi altro omicidio, lo stupro non era considerato tale se l’uomo sposava la donna che aveva violentato. Si deve aspettare il 1996 perché i reati in materia di violenza sessuale vengano concepiti come delitti contro la persona e non più contro la moralità pubblica.
La legge 38/2009 prevede la misura dell’ammonimento, cioè la possibilità per la vittima di denunciare il molestatore prima della realizzazione effettiva del reato, chiedendo al questore di ammonire oralmente lo stalker ad astenersi dal comportamento. Teoricamente tale misura si pensa sia utile a bloccare un’eventuale escalation verso manifestazioni di comportamenti più violenti. Dal punto di vista sociale sembra sottolineare l’importanza dell’ascolto, che è fondamentale forma di prevenzione.
Note:
(1) Massimo Lattanzi. Stalking. Il lato oscuro delle relazioni interpersonali, Ediservice, Roma, 2003
(2) Patrizia Romito. Un silenzio assordante. La violenza occultata su donne e minori, FrancoAngeli, 2008
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