L’olmo caduto
Chiunque avesse abbattuto l’olmo
Non lo aveva tagliato netto,
E sanguinò finché la neve dal cielo
Non sanò la ferita con una placenta d’argento
Il tronco, lucente di smalto di ghiaccio
Bianco venato come teca di cristallo,
Rigido giacque contro la nuova voce
Sibilata tra i denti invernali del vento.
Qualunque mai cosa scaldasse
L’olmo fino alle radici entro il suolo
Pietosa come la primavera
Scaldò il cuore del fusto
Legato al suo ceppo da un lembo
Di legno, quasi cordone d’ombelico,
Simile a madre che nutra il figliolo
Nel suo mondo d’embrione
Finché poté far breccia nel muro,
E s’aprì il varco, quando ogni irto ramo,
Germogli di foglie esplose, in verzura
Dalla coppa dell’olmo caduto.
da L. SALOMON, in “Poesia americana del’900”, Guanda
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